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Il Pd ha consumato l’ennesimo harakiri

Matteo Renzi

Matteo Renzi

E adesso che è andata così, cosa diranno le teste d’uovo del Pd che – ancora una volta – sono state bravissime nel farsi del male da sole? Quali giustificazioni porteranno per spiegare l’ennesimo risultato deludente, frutto di scelte nate soprattutto dallo spirito di conservazione della classe dirigente?  Purtroppo è andato in scena il replay di quanto accaduto nel 2006, quando Prodi era in vantaggio di dieci punti e riuscì a malapena a pareggiare, mettendo insieme un governo dove dentro c’era di tutto e che non resistette più di due anni alla prova dei fatti. Insomma, un altro harakiri bello e buono.

Ora bisognerà vedere come evolveranno gli eventi e che tipo di governo avrà l’Italia. Non ci vuole molto a ipotizzare che sarà un pastrocchio, col rischio che l’Italia ripiombi nel baratro nel quale si trovava nell’autunno 2011. Col rischio che si debba tornare alle urne tra qualche mese, possibilmente con una legge elettorale diversa da questa.

Va detto che ancora una volta certe promesse hanno avuto il loro effetto e hanno cancellato il passato nella memoria degli elettori: sicché non pochi, soprattutto in un momento di profonda crisi, hanno scelto senza tentennamenti la restituzione dell’Imu, dimenticando i guasti che Berlusconi ha combinato negli anni in cui ha governato. Ma tant’è.

Alla faccia di tutti i sondaggi (ma negli ultimi giorni Berlusconi aveva di nuovo sbandierato ai quattro venti che era in vantaggio e, col senno del poi, aveva ragione) una prima analisi a caldo porta a pensare che il Movimento cinque stelle abbia drenato voti soprattutto al centrosinistra. Perché? Perché il centrosinistra, al contrario di Berlusconi, non ha saputo dare un messaggio chiaro di vero rinnovamento, sia negli uomini che nel programma. Ma soprattutto negli uomini, proponendo Pierluigi Bersani, uomo di grandi capacità ma appartenente a quell’establishment del passato ormai consunto dal tempo.

Oggi l’elettore del Pd ha tutti i motivi per essere incazzato. Perché il Pd – e questo è ciò che va sottolineato – aveva la possibilità di sfondare e non ha voluto farlo. Aveva il jolly Matteo Renzi, con tutti i numeri per raccogliere il voto degli scontenti del centrodestra, che è stato letteralmente segato da primarie che sono state tutt’altro che aperte, proprio per sbarrare la strada al sindaco di Firenze. Purtroppo, nonostante gli errori del passato, ha vinto lo spirito di conservazione della classe dirigente. Quello che ha riportato in Parlamento le Rosy Bindi e gli altri veterani  ormai stantii. E che, in caso di vittoria, avrebbe fatto rientrare dalla finestra quelli che erano usciti dalla porta, come Walter Veltroni e Massimo D’Alema, magari nominandoli ministri.

Oggi, questo è il risultato. Un risultato su cui la classe dirigente dovrà riflettere. Molto approfonditamente. Evitando in futuro di commettere gli stessi errori. Giacché errare humanum est, ma perseverare est diabolicum.

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