27072024Headline:

La politica viterbese e la lista delle incompiute

L'ex ospedale psichiatrico

L’ex ospedale psichiatrico

Ospedale di Belcolle: per decenni, è stata l’opera pubblica incompiuta per antonomasia. Seguita a ruota dal rustico dell’ex ospedale psichiatrico, che dalla fine degli anni Settanta fa bella mostra di sé proprio nei pressi del nosocomio, con la Provincia che non riesce a venderlo.  Nelle scorse settimane, è stata la cronaca di Viterbo de Il Messaggero a indagare sulle incompiute di inizio millennio che nulla hanno da invidiare ai monumenti al degrado (e allo spreco del  denaro dei contribuenti) citati all’inizio.

Tante sono le opere sospese nel limbo delle buone intenzioni di cui si ignora il completamento e le messa in funzione per gli scopi che le hanno fatte nascere. C’è la nuova caserma dei Vigili del fuoco. Un complesso grigioferro che da più di due lustri presidia il tratto di consolare che corre verso Montefiascone. Il progetto ha 15 anni, la prima pietra 11, per i tempi di realizzazione meglio affidarsi alla cabala. Nel 2009 le previsioni fissavano l’inaugurazione al novembre del 2011. Sbagliate, evidentemente. Adesso c’è chi vaticina due o tre anni. Intanto la erigenda struttura è lì a subire le offese del tempo e anche degli uomini: i soliti ignoti hanno pensato bene di sottrarre un carico di rame e suppellettili di varia natura.

C’è la caserma di via Palmanova, di proprietà dell’Università della Tuscia,  da recuperare e ristrutturare in base a varie ipotesi: dapprima a servizio dei corsi di laurea di Economia; quindi, grazie a una convenzione sottoscritta con Comune  e Provincia, quale sede unica del Consorzio delle biblioteche; infine, per ospitare i corsi di Ingegneria industriale dello steso Ateneo.

Non mancano mirabilia storici. Come la basilica di Santa Maria in Gradi (XIII secolo, ma le forme attuali risalgono al XVIII secolo, grazie a Nicolò Salvi, l’autore della romana Fontana di Trevi). “Dieci milioni di euro buttati al cento”, ha titolato a tutta pagina il Messaggero, Raccontando la favola brutta delle “madre di tutte le incompiute, per il valore storico, ma soprattutto perché oggi rappresenta il monumento all’incuria, al malcostume, all’insipienza, allo sperpero di denaro pubblico”. Con un paradosso: mentre una istituzione pubblica, come l’università, nel giro di una decina di anni ha fatto rifiorire, con un restauro esemplare, l’attiguo convento dei Domenicani (fino al 1993 sede del penitenziario), diventato sede del rettorato, un’altra istituzione pubblica, la soprintendenza ai monumenti, nel girto di dieci anni ha fatto inghiottire all’ex chiesa un camionata di euro senza arrivare a dama. Insomma, la basilica oggi è un vetusto edificio, restaurato a metà: prima si è proceduto a rifare stucchi e intonaci, poi a costruire il tetto. Però, attenzione, solo in parte. Risultato finale, ciò che all’interno era stato recuperato, sarà inesorabilmente (ri)distrutto dalle intemperie.

Incompiute. Non è dato sapere quando saranno completate. Per colpa della crisi –  che sta diventando ottimo alibi per non destinare denaro pubblico a opere di utilità sociale, ma sperperarlo per continuare a foraggiare clientele – rimarranno in saecula saeculorum monumento al declino di una terra che non riesce a passare dal bla bla bla (si pensi all’aeroporto) ai fatti concreti. Una lista, quella delle incompiute, da porgere ai candidati a Parlamento, Regione e Comune, nella speranza (forse vana) che ne facciano buon uso.

 

 

 

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