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Le vite parallele di Marini e Battistoni

Francesco Battistoni e Giulio Marini quando erano amici

Vite parallele. Che non sono quelle in cui Plutarco mise insieme una serie di biografie di uomini celebri, greci e romani, riunite in coppie per mostrare vizi o virtù morali comuni ad entrambi. Sono quelle, molto più prosaiche, di due personaggi del nostro tempo, Giulio Marini e Francesco Battistoni. Una volta veri e propri gemelli del gol del centrodestra, oggi più che mai l’un contro l’altro armati in un partito al declino. Uniti da sempre in Forza Italia prima e nel Pdl poi, divisi però da due destini opposti: nato con la camicia il primo (anche se senza baffi), più che sfigato il secondo, pur se entrambi cresciuti e pasciuti sotto l’occhio vigile del plenipotenziario del centrodestra laziale Antonio Tajani. Dunque, nel momento in cui il popolo italiano sta decidento il futuro prossimo dello Stivale, può essere curioso mettere a confronto il destino di due amici ormai diventati ex a tutti gli effetti.

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Adesso Marini usa la clava…

Vite parallele, si diceva. Il perché è presto detto: Marini, alias Bandolero Stanco, ha sempre navigato col vento in poppa ed è riuscito a rimanere a galla anche nelle più procellose tempeste. Ricevuto il battesimo in politica nel 1995 come assessore allo Sviluppo economico a palazzo dei Priori nella giunta di Marcello Meroi, due anni dopo entrò trionfalmente a palazzo Gentili come presidente della Provincia stracciando il suo competitor, presidente uscente, Ugo Nardini. A poco servirono le faide interne di allora (del resto, questo vizietto il centrodestra viterbese lo ha sempre avuto) che lo costrinsero alle dimissioni: nel 2000 infatti, fu rieletto e tornò in sella più forte che mai. Poi il salto di qualità con l’arrivo prima in Senato (nel 2006) e successivamente alle Camera (nel 2008). E, sempre nel 2008, il trionfo nelle comunali, con la conquista di palazzo dei Priori. Insomma, Marini nel centrodestra viterbese è sempre stato un uomo solo al comando. Almeno fino al gennaio di quest’anno, quando sembrava cominciata la sua parabola discendente. Prima le forzate dimissioni da deputato (carica divenuta incompatibile con quella di sindaco), poi la crisi in Comune, che lo ha costretto ad alzare bandiera bianca lo scorso 5 settembre. E quando la situazione sembrava irrimediabilmente compromessa, ecco il colpo d’ala: riesce a mettere una pezza (alla bene e meglio) ai litigi dei suoi e a ritirare le dimissioni da sindaco. Ora però la sua buona stella sembra essere un po’ tramontata: niente Parlamento, niente Regione, gli rimane solo di rifare il sindaco. Ma con una lista civica, giacché il Pdl sembra essersi liquefatto. Come ammesso da lui stesso. Il Bandolero però, confida e confiderà sempre nel suo lato B. Chissà se funzionerà ancora?

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…ma Battistoni non replica

E Battistoni? La sua vita politica rappresenta l’esatto contrario rispetto al suo parallelo. A 27 anni è presidente della Fuci (Federazione universitaria cattolici italiani) di Viterbo. Contemporaneamente aderisce a Forza Italia e ne assume il coordinamento provinciale dal ’97 al 2000, anno in cui viene nominato assessore provinciale all’ambiente, proprio nella giunta del suo sodale Giulio Marini. Nel 2004 diventa sindaco di Proceno, suo comune di origine; ma è nel 2005 che tenta il salto di qualità, candidandosi come presidente della Provincia (grazie all’appoggio del suo padrino Antonio Tajani, che lo preferisce a Giammaria Santucci). Ebbene, Battistoni riesce a perdere un’elezione praticamente già vinta, facendosi battere al ballottaggio da Alessandro Mazzoli. E la sua corsa verso l’empireo della politica subisce un brutto stop. Ben magra consolazione rappresenta infatti, nel 2009, la riconferma a sindaco nella sua Proceno, paesino di circa 600 anime. Ma la svolta arriva (o sembra arrivare) nel 2010 con la nuova competizione elettorale per la Pisana. Corre e vince, battendo tra l’altro un pezzo da 90 del centrodestra viterbese come Giancarlo Gabbianelli, sindaco viterbese per ben nove anni. Il dado è dunque tratto? Neanche per idea. Perché la sfiga (ma anche lui ci mette del suo) è in agguato. Ed ecco allora che la sua nomina ad assessore all’Agricoltura nella giunta di Renata Polverini dura lo spazio di un baleno: Battistoni è costretto a scendere da cavallo in nome delle quote rosa e deve cedere la sua poltrona alla peperina Angela Birindelli. La quale, una volta accomodatasi, decide di non fargli toccare palla. Ed ecco allora cominciare la stagione delle liti, dei veleni, delle denunce in Procura, del fango sparso attraverso giornali e giornalisti amici. Fino al luglio scorso. Quando Battistoni diventa capogruppo del Pdl alla Pisana sostituendo Franco Fiorito. E questa è storia nota e recentissima. Fatto è che il pupillo di Tajani (non si sa se autonomamente, o dietro suo consiglio) decide che i panni sporchi non vadano assolutamente lavati in famiglia e provoca un autentico tsunami, che fa cadere la giunta Polverini e distrugge praticamente il Pdl (impresa che al centrosinistra non è mai riuscita in 18 anni di regno berlusconiano). Oltre il danno, la beffa: alla fine anche la sua immagine viene praticamente demolita per certe fatturine di cene a base di ostriche. Alla fine il buon Francesco è riuscito a strappare una candidatura alla Camera, ma con pochissime possibilità di spuntarla.

Fu solo sfiga? Ai posteri l’ardua sentenza. Ma, a tale proposito, torna in mente la frase che proprio Silvio Berlusconi pronunciò all’indomani della morte di Gheddafi: “Sic transit gloria mundi”. Eh, già.

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