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Quel manicomio chiamato aeroporto

merloAeroporto e dintorni: come diceva quel tale (un filosofo tedesco, di cui non facciamo il nome in ossequio alla legge sulla privacy, ma si sappia che era nato a Treviri il 5 maggio 1818 e morto a Londra il 14 marzo 1883) gli accadimenti della storia, la prima volta si presentano sotto forma di tragedia, la seconda sotto forma di farsa.

Lo scalo della città dei Papi non sfugge alla regola teorizzata da quel tale. Prova ne sia che la soap opera si è arricchita nelle ultime ore di sortite che, pronunciate a pochi giorni dalle elezioni del 24 e 25 febbraio, puzzano tanto (absit iniuria verbis) di propaganda a buon mercato e comunque sono degne di un vaudeville, recitato, giammai da professionisti, ma da dilettanti di filodrammatiche aziendali.

La sortita del sindaco Giulio Marini: “Abbiamo avviato la procedura per il ricorso al Tar contro il decreto della presidenza del Consiglio dei Ministri, approvato lo scorso dicembre, che ha affossato e annullato, con una sola firma, quanto portato avanti negli anni in maniera bipartizan da parlamentari e ministri”.

La sortita di uno dei leader del Pd, Ugo Sposetti: “L’aeroporto non è morto, ma per ottenerlo bisogna lottare, non bastano le lacrime a far tornare in pista lo scalo a Viterbo. Ci sono documenti prodotti negli anni, dal Parlamento, dall’Enac, dagli enti locali, dalla Regione, confermati nel tempo. Ma poi è arrivato il documento del governo Monti, firmato dal ministro Passera che, non essendo passato all’esame della conferenza Stato-Regione, significa che è morto. Finito. Chiuso. Non c’è più”.

Ah, sant’Ugo Sposetti caro: perché non ha avuto la bontà di spiegare preventivamente a Marini che presentare ricorso contro un provvedimento inesistente è degno di una commedia di Eugène Ionesco (Slatina, 26 novembre 1909 – Parigi, 28 marzo 1994), capofila del cosiddetto teatro dell’assurdo?

Aeroporto e dintorni: “un po’ di manicomio non farebbe male a nessuno” (copyright Totò).

 

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