Attenzione alla demagogia. Attenzione al populismo. Attenzione a non far sì che la cura sia peggiore del male. Perché il rischio c’è, eccome. Generato – e questo va ammesso – dalla rabbia del popolo. Che ha visto per tanti, troppi anni, la politica esagerare a mani basse, fregandosene delle esigenze della gente, anche quando la crisi economica ha cominciato a mordere sul serio.
Allora, oggi tutti i partiti affermano che bisogna azzerare il finanziamento pubblico a loro destinato, abolito con un referendum negli anni ’90 e poi rientrato qualche anno dopo dalla finestra attraverso una legge che prevedeva i rimborsi elettorali. Un provvedimento chiesto dalla gente – si badi bene – non in base a un ragionamento sereno, bensì sull’onda di tutto ciò che i partiti hanno combinato in quest’ultimo periodo. E la gente, ne ha ben donde, dopo aver scoperto (il caso Fiorito è solo la punta dell’iceberg) che con quei soldi destinati alla politica i pochi eletti facevano in realtà la bella vita, comperando di tutto di più, a spese del povero contribuente.
Al povero Ugo Sposetti, ex tesoriere dei Ds, uno che per i soldi ai partiti s’è sempre speso fino alla morte, si staranno rigirando le budella nel ventre. Ma, battute a parte, se uno in questo momento avesse la capacità di ragionare freddamente, al di là degli eventi, dovrebbe ammettere che il principio – da lui sempre sostenuto – che il finanziamento è indispensabile, altrimenti la politica potrebbe farla solo chi è ricco (vedi Berlusconi), non è peregrino.
E allora, qual è il problema? Il problema – e qui anche Sposetti ha le sue colpe, avendo contribuito alla formulazione di quella famigerata legge – è che i partiti, ai quali sarebbe bastato un dito, si sono presi la mano, il braccio e la spalla. Hanno esagerato. Non si sono saputi regolare, dimostrando – tutti – di avere scarsissimo senso dello Stato, di non saper frenare la propria voracità. E il risultato è sotto gli occhi di tutti.
Cosa si sarebbe dovuto fare? La risposta non è molto complicata. Sarebbero bastati due criteri oggettivi. Primo: stabilire dei tetti economicamente compatibili. Secondo: ottenere i famigerati rimborsi dietro presentazione di fatture congrue (come dice Beppe Grillo). Insomma, se uno stampa mille manifesti e spende 500 euro, presenta la fattura o ottiene il rimborso; se un altro organizza una cena elettorale a base di ostriche per chiedere il voto ai propri fans se la paga di tasca sua. Oppure, visto che a mangiare sono i suoi simpatizzanti, può sempre chiedere che si faccia “alla romana”. Ma non può pretendere che a pagare il conto siano i contribuenti. Chiaro, no?
Invece, purtroppo quello è accaduto è sotto gli occhi di tutti. E il fatto che la gente comune non ce la faccia ad arrivare alla fine del mese ha aggravato la situazione. Come sono stati deleteri, da questo punto di vista, i provvedimenti presi nel corso degli ultimi dodici mesi dal governo Monti. Che ha senza dubbio risanato i conti dello Stato, ma li ha fatti pagare ai cittadini. Lasciando inalterati o quasi i costi della politica (ma qui va detto, per onestà intellettuale, che i partiti su questo hanno frenato a manetta e lui non ha avuto la forza di imporsi).
E adesso? E adesso vedrete che il finanziamento pubblico ai partiti sarà abrogato. Ma poi i partiti saranno alle prese con una marea di problemi (un esempio: come faranno a pagare gli affitti e le altre spese per tenere aperte le sedi?) e allora ci sarà il rischio che tornino ad arrangiarsi. Come? Meditate, gente, meditate…
I finanziamenti hanno sostenuto gli apparati di partito. Gli apparati hanno gestito potere e dettato la linea politica del partito, anche attraverso i “movimenti” delle fantomatiche “truppe cammellate”. Il tutto ha fatto si che la classe dirigente del partito si preoccupasse di più della sua autorigenerazione, piuttosto che capire i bisogni e le volontà dei cittadini elettori. Via l’apparato torniamo a fare politica tutti sullo stesso livello. Per piacere, per passione, togliendo del tempo al proprio lavoro e non facendone IL PROPRIO LAVORO.
Io sinceramente faccio fatica ad arrendermi all’idea che molti candidati dovrebbero appellarsi ai privati di turno per farsi finanziare le campagne elettorali. La domanda che ci dovremmo fare è la seguente: è sbagliato il concetto di finanziamento per l’attività politica in generale o il modo in cui certi signori hanno gestito i (troppi) soldi destinati alla politica e finiti per altro?
Il problema è molto più complesso rispetto al modo con cui ne sentiamo parlare nei talk show.
Prima di prendere certe decisioni affrettate bisognerebbe contare almeno fino a 10, magari si evita di tagliarselo per fare dispetto alla moglie.