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Marini: “Tutta colpa della Regione”

arsenico marini e arenaArsenico: siamo allo scaricabarile? Sembrerebbe di sì, stando almeno alle parole pronunciate dal sindaco viterbese Giulio Marini. “Se il problema si rimanda – ha sentenziato non si risolve da solo. Se la questione arsenico fosse stata risolta a suo tempo, oggi non ci troveremmo in emergenza. E purtroppo questa città, come tante altre del Lazio, si trova ad affrontare e gestire una criticità che poteva e doveva essere risolta nel momento stesso in cui fu presa in esame”.

Marini fa risalire l’insorgenza del problema a cinque anni or sono. “Nel 2008 – dice – se le cose fossero andate come da programma, si sarebbe potuto risolvere tutto con un intervento di miscelazione delle acque, finanziato dalla Regione, evitando la realizzazione di numerosi impianti di dearsenificazione con conseguenti costi di istallazione e gestione, nonché quelli legati alle disfunzioni impiantistiche. Un progetto intelligente, con minori costi, seppur con tempi più lunghi di avviamento. Tale è rimasto, un progetto in fase di bozza, su carta.  Il rinvio della problematica ha portato nel 2011 a quella che ormai aveva tutti i caratteri dell’emergenza”.

Già, l’emergenza. Marini prosegue il suo racconto: “L’amministrazione regionale nel 2011 si è fatta carico della risoluzione del problema, avocando a sé i poteri commissariali per lo stato di emergenza e destinando le somme già stanziate per la realizzazione di impianti di trattamento, da suddividere in due fasi: la prima, da avviare immediatamente, in quelle zone dove le concentrazioni di arsenico risultavano superiori a 20 microgrammi per litro, la seconda da avviare entro il 2011 e terminare entro il 2012, nelle zone in cui le concentrazioni risultavano comprese tra 10 e 20 microgrammi. I tempi per la miscelazione non erano più sufficienti, bisognava intervenire direttamente sui pozzi con i dearsenificatori”.

Insomma, si poteva spendere meno e meglio se non si fosse dormito. Marini non lo dice, ma qui le responsabilità vanno equamente divise tra le amministrazioni di Piero Marrazzo e Renata Polverini. Però il sindaco non ci sta a portare la croce in solitaria “In tutta questa vicenda – aggiunge – è facile criticare chi sta facendo. Chi non ha fatto ormai è passato e noi stiamo qui a tamponare un’emergenza, nonché a scontare il continuo rimpallo di responsabilità da un’amministrazione regionale all’altra. Tutto quello che potevamo fare come Comune lo abbiamo fatto”.

In tanto però l’acqua è avvelenata e costa pure cara. “ I disagi ci sono – continua il sindaco – pertanto ritengo opportuno che il cittadino paghi una tariffa ridotta per la fornitura di acqua non utilizzabile per il consumo umano. Ricordo che i primi giorni del 2013 chiesi subito al presidente Ato la convocazione dell’assemblea proprio per discutere della rimodulazione delle tariffe. Ebbene, la convocazione c’è stata per ben due volte, l’ultima proprio qualche giorno fa. È facile per alcuni amministratori dire “abbattiamo la tariffa”, finire sui giornali con conseguenti consensi e poi non intervenire nelle sedi opportune per dare seguito alle parole. In 12 eravamo presenti e pronti a procedere se il numero legale dei presenti fosse stato valido. Anche sul discorso tariffe – prosegue ancora Marini – la Regione dovrà dare una risposta per il superamento di questo disagio, andando a coprire la quota che dovrà essere detratta sulle bollette”.

Certo è che il problema non è stato ancora risolto, E, come accade spesso in Italia, andare a capire dove siano le responsabilità non è sempre facile. Colpa di un sistema dove la burocrazia la fa da padrona, come pure l’accavallarsi di competenze. Vabbé, forse la Regione in questa vicenda è la maggiore imputata, ma anche nella Tuscia si è molto dormito (e la mancanza del numero legale all’ultima assemblea dell’Ato ne è la più classica delle testimonianze) pensando forse che il cerino stesse in mano ad altri. E non ritenendo che – come dice il saggio – è colui che ha sete che deve andare alla fontana.

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