Avevamo lasciato il nostro sindaco neoeletto tra le ambasce della quarta stazione della sua Via Crucis. Gli avvenimenti premono e bisogna procedere oltre.
QUINTA STAZIONE
Il nostro primo cittadino dovrà chiamare necessariamente nel suo studio il dirigente dell’area urbanistica e centro storico, sportello unico per l’edilizia ed edilizia residenziale pubblica per riuscire ad avere una panoramica sullo stato dell’arte degli strumenti urbanistici approvati o in itinere. Qui troverà tutto e il contrario di tutto e in ogni caso il deserto dei Tartari. Cioè il nulla che attende il nulla.
Si renderà conto, il nostro beneamato sindaco, che il Piano Regolatore di Viterbo risale, nella sua ossatura portante, all’anno 1974 d.C., cioè a circa 40 anni fa e nessuna amministrazione nel frattempo ha inteso ,o ne ha avuto la forza, produrre alcunché se non una striminzita relazioncina di cosiddetti “saggi” , assemblata 6 o 7 anni fa e propedeutica alla redazione di un bando per il conferimento di un incarico per la stesura del nuovo Piano Regolatore di Viterbo. Incredibile.
Per una serie ben precisa di motivi ,che qui non è il caso di esplicitare, il Comune di Viterbo non risulta dotato di uno strumento di sviluppo socio-economico di ultima generazione che gli permetta di andare oltre l’Impasse disastrosa che di fatto hanno creato i 40 e passa piani integrati che giacciono sonnecchianti, ma vigili, nei cassetti dell’ufficio urbanistico cittadino. E poi tutti a parlare a squarciagola di aeroporti, di piani termali, di piani del traffico , di piani commerciali, di sviluppo dell’agricoltura.
Ma come fa una città come la nostra – afferma il povero dirigente all’urbanistica – che deve coniugare il medievale , l’antico e il moderno – a procedere nella direzione di uno sviluppo equo, solidale e umano non solo senza alcuna bussola , ma quel che più conta, senza un qualsivoglia naviglio che riesca a trasportare le strutture portanti dello sviluppo stesso nelle turbolente acque di questa drammatica crisi?
A Medellin, in Colombia, già capitale della droga e della delinquenza per bande di Pablo Escobar, sono riusciti a sovvertire la loro maledizione con un meraviglioso piano regolatore ( o di sviluppo urbano): riuscirà il nostro a uscire dalle secche e dai veti incrociati pluridecennali ?
SESTA STAZIONE
L’ingegnere capo del Comune chiede di essere ricevuto: è disperato perché il Piano esecutivo di gestione che gli è stato affidato lo costringerà a delle scelte, anzi a delle non scelte che potrebbero anche portarlo in veste di imputato davanti a qualche tribunale penale.
Avevamo detto prima delle spese in conto capitale, cioè ( per semplificare al massimo) le spese destinate a finanziare le opere pubbliche. Ebbene , l’importo di tali interventi nel corso degli ultimi anni si è drammaticamente ridotto. Stato e Regione hanno chiuso i cordoni della borsa e i contributi scarseggiano, per dirla con un eufemismo.
Infatti basta dare un’ occhiata al piano triennale delle opere pubbliche (cioè il documento finanziario principe con il quale si decide circa l’esecuzione di opere pubbliche nel corso di un triennio) per verificare che l’importo globale effettivo ( non quello del libro dei sogni) si è più che dimezzato e, come se non bastasse, alla fine dell’anno è tutto uno slittamento all’esercizio finanziario successivo. In soldoni: se ne parla sempre ….. il prossimo anno.
Ma il paradosso, spiega il bravo ingegnere , è che i comuni italiani (e il comune di Viterbo, ahimè, non è un’eccezione) sono riusciti a beneficiare solo del 25 % dei fondi europei , e di questo esiguo plafond il Comune di Viterbo non riesce a spendere nemmeno il 25 % perché il patto di stabilità tutto frena. Ma, prosegue, non riusciamo a spendere anche per la lunghezza snervante delle procedure burocratiche. Ne consegue che le imprese sono a loro volta paralizzate perché, non incassando gli importi per i lavori eseguiti per conto delle pubbliche amministrazioni, sono in panne né ottengono anticipazioni dalle banche e, nel frattempo, l’economia di Viterbo…….
Ma , pensa a questo punto il Sindaco allarmato, non sarà forse colpa anche del fatto che il comune di Viterbo è incapace strutturalmente di “chiedere” ed “ottenere” questi benedetti fondi europei?
Si chiederà: ma quanti fra i suoi dipendenti sono in grado di scrivere correntemente o di sostenere agevolmente una conversazione in inglese? E quelli che sono in grado di farlo , sono stati messi al posto giusto per interagire ,con il dovuto metodo, con i funzionari della Comunità Europea?
Conclusione: il nostro sindaco decide di andare a mangiare per contrastare il travaso di bile e dopo, a seconda che si verta nell’alto o nel basso Medioevo, oppure nell’era digital-internettiana:
chiederà lumi a quei tre o quattro vassalli che in base a un ben definito diritto feudale (siamo o non siamo in una delle più belle città medievali) hanno manovrato in modo che fosse incoronato valvassore;
riunirà i cinque o sei capi, ai quali farà partecipi le proprie ansie e chiederà un consulto illuminato e disinteressato (ovviamente)…
si chiuderà nella stanza dell’oracolo e davanti al computer, collegandosi ai suoi “meet up” aprirà una consultazione telematica con gli iscritti per provocare un risultasto con le più alte possibilità di performance.