L’esempio classico è quello della fatturazione per la spedizione di un cesto natalizio con specialità alimentari. L’impresa è tenuta ad emettere tre diverse fatture: una per i prodotti deperibili, un’altra per i prodotti non deperibili, una terza per il cesto. Una bella complicazione, conseguente all’entrata in vigore, lo scorso 24 ottobre, dell’articolo 62 del “decreto liberalizzazioni”, in base al quale, nei casi di cessione di prodotti agricoli e alimentari in Italia, le imprese devono procedere alla stesura dei contratti o degli accordi commerciali in forma scritta, prevedendo il termine di pagamento di 30 giorni per i prodotti deteriorabili e di 60 per quelli non deteriorabili.
La Cna e le altre associazioni artigiane avevano chiesto al governo, nell’autunno scorso, di non dare il via libera all’applicazione dell’articolo 62, evidenziando la mancanza di chiarezza interpretativa e i maggiori adempimenti amministrativi che sarebbero ricaduti sulle imprese. Oggi, dopo una nuova presa di posizione dei rappresentanti dell’artigianato alimentare, che, nelle ultime settimane, hanno duramente contestato, oltre ai disagi, la confusione introdotta dal Ministero dello Sviluppo Economico, che considera l’articolo 62 abrogato, e da quello dell’Agricoltura, che invece lo ritiene in vigore, è anche Rete Imprese Italia a rivolgersi al governo per chiedere “l’abrogazione esplicita”, con una lettera inviata dal presidente Carlo Sangalli al premier Mario Monti.
Soprattutto in un momento tanto difficile, le imprese non hanno certo bisogno di ulteriori incertezze sul piano giuridico. Non si sarebbe giunti a questo punto se si fosse ascoltata la voce delle associazioni. Ci auguriamo che stavolta il governo ci dia ragione.