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Antonella, la regina dell’Aleatico

Antonella Pacchiarotti

Antonella Pacchiarotti

Parla veloce, in modo travolgente Antonella Pacchiarotti, simpaticamente inquieta, occhi scuri che brillano insieme a un sorriso aperto e contagioso. La sua cantina nasce a Grotte di Castro, il paese dove vive, nel 2000, perché come dice lei: ”Avevo bisogno di radicarmi ancora di più in queste terre che amo, sentivo la necessità di consolidare il legame identitario con questo luogo. La vigna con le sue radici profonde rispondeva alle mie esigenze. La mia famiglia ha origini contadine, lo zio di mio marito gestiva una cantina sociale per cui non è stata un’idea peregrina quella della viticoltura. Anche in questo senso era un modo per tornare alle radici. La bellezza dell’ambiente naturale, la generosità e la schiettezza delle persone, quel senso di comunità e di accoglienza che altrove stanno sfumando, qui sono ancora percepibili, rappresentano una grande risorsa e incentivano a rafforzare il legame con queste terre”.

La passione di Antonella Pacchiarotti per la viticoltura è la stessa che le ha permesso di crescere e rendere autonomi i suoi tre figli avuti in età giovanissima: “Mi piace la vite perché ha bisogno di custodia e di cure per il suo sviluppo. È necessario capire e assecondare  le caratteristiche di un vitigno perché possa esprimere al meglio le sue potenzialità. Per questo dopo aver cresciuto i miei figli, ho continuato il lavoro di cura con l’allevamento della vite”.

Carlo Zucchetti

Carlo Zucchetti

Con Carlo Zucchetti si sono conosciuti a una degustazione di Barolo a Roma, quando Antonella aveva appena iniziato a occuparsi della cantina: ”È  stato Carlo a presentarmi Daniele Di Mambro, il mio enologo, anche lui legato a questa zona perché ha studiato all’Università della Tuscia di Viterbo”. La interrompe Carlo Zucchetti: ”Ho pensato che potesse essere un incontro interessante che apriva a entrambi la possibilità non solo di crescere, ma di farlo insieme in un confronto continuo ed equilibrato” e aggiunge sorridendo ”Dai risultati direi che ho avuto ragione”. E nel rispetto del territorio la Cantina Antonella Pacchiarotti ha puntato in particolare sull’Aleatico e sui vitigni autoctoni Trebbiano e Sangiovese

Carlo provoca Antonella chiedendole di parlare del valore aggiunto che il suo essere donna dà al vino, conosce la reazione che non tarda ad arrivare: ”Non  amo la differenza tra uomo e donna quando si parla di lavoro e soprattutto di viticoltura. Non credo sia così netta la distanza tra i due mondi o che sia possibile  bevendo un vino riconoscere dietro di esso una mano femminile o maschile. Penso che probabilmente una donna si interroghi maggiormente sul senso dei gesti o delle scelte, magari faccia qualche elucubrazione in più sull’individuazione di un nome da dare a un vino, ma niente di più”.

I nomi dei suoi vini evocano lontananze e insieme si legano al territorio intrecciando storia e ambiente. C’è Turan, dea dell’amore e della fertilità, la Venere etrusca; Atunis, l’Adone etrusco, dio della bellezza e della vegetazione; Amalasunta, regina degli Ostrogoti, figlia di Teodorico, osteggiata per la sua apertura verso la cultura romana e imprigionata in una rocca dell’isola Martana sul Lago di Bolsena, Botunì, dalle assonanze francesi, e Pian di Stelle, nome legato a un luogo che nelle belle serate estive sembra coltivato a stelle.

Ci spostiamo in macchina per andare a vedere la vigna, posta su un altura che guarda il lago di Bolsena. Il posto è sorprendente, la giornata tersa e piena di luce amplifica la sensazione di pace e armonia. Antonella ci spiega che le uve vengono raccolte a mano e trasportate in cassette piccole, da 8 kg, badando, soprattutto con l’Aleatico, a ricoprire un solo strato per proteggere l’integrità degli acini. L’appassimento, sempre per l’Aleatico, si raggiunge sui graticci,  non c’è separazione delle uve, vengono vinificate tutte nello stesso momento. Pur non essendo certificata biologica, l’azienda è rispettosa dell’ambiente, si utilizza solo concime organico e la pratica del sovescio. Antonella ci mostra le prime gemme con un gesto delicato.

Rientriamo nella bella cantina appena fuori il centro storico di Grotte di Castro dove ci aspetta una genuina merenda preparata da Antonella. Carlo Zucchetti chiede di assaggiare il “vino che non c’è”, sono poche bottiglie, Antonella e il suo enologo Daniele Di Mambro ci stanno lavorando da qualche anno, ora sta completando il periodo di affinamento,  nel bicchiere è torbido, non è stato filtrato. Carlo annusa, degusta e, dopo aver apprezzato con Antonella, chiama Daniele per complimentarsi.

I prodotti della cantina di Grotte di Castro

I prodotti della cantina di Grotte di Castro

Il grande portone di legno rimane aperto e attira l’attenzione dei passanti, qualcuno ne approfitta per acquistare il vino, ma appena scopre il pane tagliato, la coppa, la pancetta e la salsiccia stagionata vince la timidezza e si aggrega alla brigata. Arriva Marco, un architetto di Roma che si è trasferito qui “Perché mi attirava l’idea di essere nel crocevia tra Lazio, Toscana e Umbria”. Si parla della piacevolezza di vivere in questi luoghi, dove il tempo non è strizzato fra traffico, mancanza di parcheggio e altre ansie cittadine. Qui dove, riprendendo Eugenio Turri, si può dire che  il territorio è tutto paesaggio, i suoi elementi caratterizzanti, le colture, il lago, la vegetazione,  hanno creato e rafforzato un legame identitario riconoscibile perché frutto di un’armonica mediazione tra uomo e ambiente. Si discute di questo, della  bellezza della vite, del suo bisogno di cure, poi i discorsi si spostano sullo champagne, sul  remuage sur pupitre e sulle tecniche di vinificazione.   Intanto tra chiacchiere e sorsi è arrivato pure  Franco, l’accento tradisce le sue origini milanesi,  anche lui era entrato per comprare il vino, ma si attarda volentieri. Ci dice che è appena arrivato dal lavoro in un suo appezzamento, beve e commenta, compiaciuto, gli aromi. Ci raggiungono anche Vincenzo e Ventura, vecchi amici che vengono a salutare Carlo e si uniscono alla conversazione e alla bevuta. Antonella scherza e versa da bere,  Marco esce per rifornire il tavolo di pizza e in breve ci troviamo nel mezzo di un aperitivo chiassoso e divertente… altro che happy hour, questa è la migliore risposta alla Milano da bere!

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