E’ primavera, lo capisci dai fiori che sbocciano, dall’allergia che ti massacra, dall’ennesimo scudetto rubato (pardòn: vinto sul campo) dalla Juve, dai bambini carini che fanno la prima comunione (e spesso è anche l’ultima, perché poi s’iscrivono a Facebook), dalle elezioni libere & democratiche. Ma che sia primavera piena e rigogliosa lo capisci soprattutto da una cosa: dalla Viterbese che è in crisi economica e che rischia di sparire. Come ogni anno, dagli albori del secolo scorso ad oggi. Una tradizione che si rinnova puntualmente e che ci rende tutti orgogliosi. Ora non resta che aspettare i coraggiosi tentativi di salvataggio che imprenditori, politici, diplomatici, uomini di calcio e di spettacolo, nani e ballerine, cercheranno di mettere in atto per salvare il calcio nel capoluogo.
Ma visto che noi del Post non stiamo mai con le mani in mano, siamo in grado di anticiparvi in esclusiva cioè che succederà nei prossimi giorni e nelle prossime settimane.
Sabato 1 giugno. Il sindaco Marini annuncia di aver trovato un acquirente per la società. Lo ha conosciuto durante una cena elegante in Brianza. “Posso rivelare soltanto le sue iniziali – ha fatto sapere il primo cittadino -, che sono S. B. E posso aggiungere che ha molti capelli, e capisce di calcio. Ne saprete di più se mi voterete al ballottaggio”.
Domenica 2 giugno. In occasione della festa della Repubblica si sparge la voce che Eugenio Scalfari sarebbe interessato a prendere la Viterbese. Ma si tratta di un malinteso: era la festa della Repubblica italiana, non di Repubblica il quotidiano.
Martedì 4 giugno. Scende in campo anche l’altro candidato al ballottaggio, Leonardo Michelini. Che in una conferenza stampa illustra i suoi progetti per la Viterbese in caso di una sua elezione a sindaco: “Visto che ritengo i calciatori delle braccia rubate all’agricoltura, proporrò a tutti i giocatori gialloblu di venire a lavorare nel mio vivaio, a cogliere le rose. Lo stadio Rocchi? Ci facciamo un bel giardino fiorito”. Insorgono i tifosi.
Mercoledì 5 giugno. Marini replica alle proposte dell’avversario e rilancia: “Se voterete me porterò la Viterbese in Champions leag…”, ma non riesce a concludere la frase perché due infermieri lo portano via.
Venerdì 7 giugno. Spunta la pista indonesiana. Il magnate asiatico Thohir infatti non ha raggiunto l’accordo con Massimo Moratti per aiutare l’Inter e avrebbe dirottato il suo interesse sulla Viterbese. Condizioni vincolanti al suo ingresso: cambiare il nome sociale in Vitelbese e servire insetti flitti al bar dello stadio.
Sabato 8 giugno. Anche Beppe Grillo fa sapere di voler prendere il club: “Metteremo subito cinque stelle sulla maglia, altro che le tre della Juve. E saremo sempre in silenzio stampa. Ho già scelto l’allenatore: Gianroberto Casaleggio”.
Lunedì 11 giugno. Il clamoroso esito del ballottaggio per il Comune potrebbe avere ripercussioni anche sul futuro della società: è stato eletto sindaco, infatti, Massimiliano Farris con il 100 per cento dei voti.
Mercoledì 13 giugno. I giocatori, senza stipendi da mesi, cominciano a lasciare Viterbo per tornare nelle rispettive residenze: Pollini ha raggiunto Capranica a piedi, lungo la via Francigena, mentre Pero Nullo ha fatto l’autostop per tornare a Fratta Todina. Una lunga nuotata transoceanica, fino a Buenos Aires, per Mattias Vegnaduzzo.
Venerdì 15 giugno. La Lega Pro chiarisce i criteri del ripescaggio con un apposito comunicato scritto in aramaico antico.
Sabato 16 giugno. Dalla traduzione del comunicato, si evince un concetto importante che in italiano suona suppergiù così: “La Viterbese nun ce la volemo”.
Lunedì 17 giugno. I tifosi gialloblu organizzano una marcia di protesta verso la sede della Lega a Firenze, ma si fermano all’autogrill di Attigliano a bere e poi tornano indietro.
Giovedì 20 giugno. Anche Angelo Deodati si tira indietro: “Preferisco investire i miei soldi in un’operazione sicura: la spedizione spaziale per portare le ceneri di Little Tony su Marte”.
Sabato 22 giugno. Nel primo giorno d’estate arriva la soluzione: la Viterbese sopravviverà grazie ad una nuova società di larghe intese già approvata dalla cancelliera Merkel. Coinvolti tra gli altri gli stessi Marini e Michelini ma anche Moneti, Camilli, Ciappici, Deodati, Donsanti, Manfra e un Luciano Gaucci molto dimagrito. Presidente Enrico Letta. A furor di popolo.