“In questa fase, sia a livello nazionale sia a livello locale non c’è nulla che inviti i cittadini a recarsi al voto. Non è problema di programmi, è il clima generale di sfiducia, disaffezione, che tiene lontana la gente dalla politica. Eppoi, diciamolo, questa campagna elettorale non ha certo acceso gli animi. Se non si cambia metodo, l’astensione sarà la regola”. Rodolfo Gigli è uno che la politica l’ha fatta per una vita, uno che annusa gli umori dei cittadini perché è cresciuto nell’agone pubblico, dominus indiscusso per decenni della Dc locale. E quindi no, lui non è affatto sorpreso dalla scelta dei viterbesi di disertare le urne. Lo è invece il suo ex nemico (sempre politicamente parlando): Oreste Massolo, lider màximo del Pci locale nella Prima Repubblica, che proprio contro Gigli ha condotto tante battaglie. “Sinceramente credevo che la presenza di 14 candidati a sindaco e di 600 aspiranti consigliere – dice – fosse un segnale della rinata voglia di partecipazione. Invece, temo che la scelta del centrosinistra di fare un governo col Pdl, abbia spinto molti elettori del Pd a non votare”.
Eccoli, i due ex leoni di Palazzo dei Priori. Nel 1970, quando Gigli entrò in Comune come sindaco, e Massolo gli faceva la guerra (sempre politicamente parlando) in qualità di capogruppo del Pci. Scontro tra titani della Prima Repubblica che oggi quasi la fa rimpiangere. Come le asprezze della campagna elettorale del ’75, quando entrambi finirono in Regione dopo essersele dette di santa ragione. Nulla a che vedere col clima addormentato di questi due mesi di campagna elettorale. Allora di riempivano le piazze per ascoltare i comizi, ora al massimo si mettono una trentina di “Mi piace” su qualche post di Facebook. Altri tempi, un mondo fa. Ma proprio da quell’osservatorio privilegiato fatto di decenni di battaglie, la situazione attuale può essere giudicata con maggiore distacco.
“Che ci fosse un allontanamento dell’elettorato dalle urne – sostiene Gigli – era fin troppo facilmente prevedibile. La gente non è minimamente interessata a queste elezioni, al risultato”. Le ragioni? “Molte vanno ricercate al livello nazionale, ma altrettante – risponde – a livello locale, dove la campagna elettorale non è riuscita a mobilitare le persone”. Nessun giudizio, comunque, sulla giunta uscente e sulle sue responsabilità. “Non è corretto ormai e comunque – lancia una stilettata l’ex capogruppo dell’Udc – sarebbe come sparare sulla Croce Rossa”. Defilato per ora dal palcoscenico della politica, Gigli ha fatto campagna elettorale per Michelini sindaco e per un paio di candidati a consigliere nelle liste che lo appoggiano. Non sa fare pronostici su chi vincerà. E sul suo destino dice: “Per ora mi riposo, poi il futuro è sulle ginocchia di Giove”.
Per Massolo, ieri è stato invece un risveglio improvviso. “La contraddizione – dice – è palese: così tanti candidati avrebbero dovuto mobilitare i viterbesi. A quanto pare, invece, non ci sono riusciti. Il netto distacco tra cittadini e partiti pone problemi notevoli sul piano democratico. Ma queste amministrative secondo me potrebbero dimostrare anche un altro risvolto: per tradizione gli iscritti al Pci di una volta andavano sempre a votare qualunque cosa succedesse. Oggi quel senso di appartenenza non c’è più”. Insomma, il centralismo democratico è andato a farsi benedire, ricevendo il colpo di grazia dopo la creazione dell’attuale esecutivo Pd-Pdl. “Ritengo che la scelta del governo Letta-Alfano possa avere provocato una non partecipazione al voto e – sostiene Massolo – sarebbe la prima volta per un partito di centrosinistra”.
Ma il nodo resta la stanchezza dell’elettorato verso i politici. “La gente è stufa della politica delle chiacchiere, quella che – la definisce l’ex Pci – promette il cielo e il paradiso senza sapere dove prendere le risorse finanziarie per realizzarli. E’ una politica astratta che non morde nella realtà. A leggere i programmi di alcune liste, Viterbo doveva diventare la città ideale, perfetta, con migliaia di proposte”. Con chi ce l’ha? “Con Filippo Rossi. Ha presentato un programma zeppo di propositi. Ma si capisce: lui è futurista, vive in un futuro molto molto lontano”.
Cito da un articolo di Don Curzio Nitoglia: ” Solo nella Società civile o politica e non da solo o isolatamente l’uomo perviene alla realizzazione piena e perfetta delle sue potenzialità. Onde l’uomo è “animale socievole per natura”[12] e lo Stato è Società civile perfetta, mentre la famiglia è ancora imperfetta e deve unirsi ad altre famiglie per formare un ‘villaggio’ e assieme ad altri villaggi uno Stato. Il fine dello Stato è il “vivere virtuosamente bene”[13]. Onde “il buon governo è quello in cui si bada al vivere virtuosamente o bene, mentre il cattivo governo è quello in cui si vive malamente o viziosamente”[14].
Secondo Machiavelli, invece, la politica è una tecnica per conquistare e mantenere il potere (nel senso deteriore del termine) e non è più come per l’“aris/tomismo” la virtù di prudenza applicata alla vita sociale o civile[15]. La politica con Machiavelli cessa di essere una virtù e diventa un “vizio”, ossia la ricerca o la brama di successo, di potenza, di ‘potere’ nel senso deteriore del termine mediante la “simulazione e dissimulazione”[16]. Secondo la modernità, “natura” dice “conflitto” e “non-socievolezza” o “non vita in società comune”. Politica, invece, dice “ordine individuale e comune”. ”
Mio commento: Con queste premesse, l’anti-politica non è quella degli astenuti (dirò meglio: di NOI astenuti), ma è quella di chi pensa unicamente in termini di affermazione personale, a tutti i livelli.