Se non fosse per quei tre milioni di abitanti di differenza, per un Colosseo, un Vaticano e i rigatoni con la pajata, Viterbo sarebbe uguale a Roma. Spiccicata. Ma almeno a livello di elezioni comunali le differenze si riducono a pochissime, e i punti di contatto invece aumentano a dismisura. Già, basta leggere i dati delle consultazioni elettorali di domenica e lunedì scorso per vedere come nella corsa per Palazzo dei priori e in quella per il Colosseo fioccano le analogie. E fatte le dovute proporzioni, sembra proprio che il capoluogo della Tuscia provi a scimmiottare in piccolo la Città eterna (o forse è il contrario, vabbe’).
Andiamo con ordine, e partiamo dalla premessa: sia a Viterbo che a Roma l’amministrazione uscente era di centrodestra. E se qui, nella città dei Papi, il centrodestra era un’abitudine dall’inizio della Seconda repubblica, in riva al Tevere invece era stato proprio Alemanno il primo, nel 2008, a spezzare un dominio diffuso e prolungato del centrosinistra. Altre somiglianze sono arrivate lunedì sera, quando lo spoglio delle schede ha iniziato a delineare la situazione. E i numeri sono sorprendente simili. Dunque: ribaltone a Viterbo e ribaltone a Roma, almeno per quanto possa valere in un primo turno. I candidati del centrosinistra hanno messo insieme percentuali molto simili: il viterbese Leonardo Michelini il 35.8%, il romano Ignazio Marino il 42.6. Entrambi sensibilmente in testa, anche se appesi al giudizio definitivo del ballottaggio, il 9 e 10 giugno prossimo. E passiamo ai rivali, ai sindaci uscenti, anche qui con risultati molto simili: Giulio Marini ha racimolato il 25.17%, Alemanno il 30. Tutti e due hanno subito l’onta della sconfitta, per quanto tutti e due stiano preparando la riscossa al ballottaggio, magari cercando apparentamenti pesanti tra gli altri. Già, gli altri. E qui spiccano le prime differenze tra la piazza viterbese e quella capitolina. A Roma al terzo posto si è piazzato Marcello De Vito, candidato del Cinque stelle, con un onesto, ma non brillantissimo, 12%, mentre a Viterbo il 12% (più spicci) l’ha preso Filippo Rossi e la sua lista civica. In un virtuale balletto, ecco che a Roma il candidato civico Alfio Marchini ha chiuso al quarto posto (9% delle preferenze), mentre qui nella Tuscia il quarto è proprio il pentastellato De Dominicis (6.9%). In ogni caso, cambia poco.
Quello che cambierà, semmai, lungo la via Cassia tra Roma e Viterbo, sarà lo scenario del secondo turno. Perché mentre a Roma Alemanno trova discrete difficoltà a trovare un partner per l’apparentamento (Marchini guarda a sinistra, dei Cinque stelle non se ne parla), Marini sta cercando appoggi tra le liste civiche che forse – forse – gli avevano drenato quei voti necessari a chiudere avanti a Michelini. Perciò porte aperte a Gianmaria Santucci e alla sua FondAzione, a Chiara Frontini e magari anche allo stesso Rossi, che però al momento esclude appoggi. La strada è ancora lunga, comunque, e per arrivare a Palazzo dei priori o al Campidoglio bisogna pedalare parecchio.
Su un ultimo dato, però, si dividono le vite parallele di Viterbo e Roma.Quale? Quello dell’affluenza, comunque in calo verticale in entrambe le città. Nella Tuscia la percentuale dei votanti si è fermata al 67.4%, nella Capitale ha toccato il fondo o quasi, col 52.8 dell’affluenza, il famoso “un elettore su due”. Perché? “Perché la città ha accusato l’effetto derby”, almeno secondo Alemanno. A Viterbo il derby non c’era, ma ci sarà tra due settimane: MI contro MA, col secondo che gioca in trasferta per la prima volta.