Il mega parco tematico a Tarquinia? Non si farà. La telenovela è finita, il progetto Roma Vetus (il parco tematico in questione) archiviato ancora prima di passare dal via. Lo ha deciso il sindaco della cittadina etrusca Mauro Mazzola, che dopo le polemiche con l’opposizione e un po’ anche dentro alla sua maggioranza, ha deciso di lasciar perdere. “’No. Non riporterò la delibera sul parco tematico Roma Vetus in consiglio comunale – ha spiegato lo stesso primo cittadino – né comunicherò alla Romapark Srl con una semplice lettera le condizioni che l’amministrazione comunale avrebbe posto per dare il via libera al progetto. Sarebbe inutile, dal momento che i rappresentanti della società mi hanno comunicato informalmente che non avrebbero mai accettato gli indirizzi previsti nello schema di delibera ritirata”.
Ma che cos’era Roma Vetus? Se ne parla, più o meno seriamente, da una ventina d’anni. L’idea è quella di fare un parco di divertimenti con risvolti pedagogici sull’antica Roma, ricostruendo la città eterna com’era duemila anni fa, con i monumenti e tutto. Insomma, una specie di Disneyland senza Topolino ma con Cicerone. E naturalmente gladiatori ovunque. Già da sola la cosa ha fatto e fa ancora discutere: “A che serve – si chiedono gli scettici – metter su una città finta quando si ha già a disposizione quella vera?”. Altri replicano che il parco sarebbe un eccezionale volano per il turismo, e creerebbe il solito milione di posti di lavoro. Nel corso degli anni il progetto Roma Vetus è stato ciclicamente riproposto, con qualche variazione logistica (sulla Tuscolana, sulla Pontina, persino ad Orvieto, fino ai terreni tra Tarquinia e Civitavecchia, per intercettare l’arrivo dei crocieristi) e un succedersi di personaggi e/o investitori a volte inquietante, dal socio di Berlusconi Tarak Ben Ammar al faccendiere umbro Giancarlo Parretti. Oggi invece la società promotrice dovrebbe essere la Dongen Sgps, con sede a Madeira, isola portoghese dell’Atlantico nonché paradiso fiscale.
Nonostante gli investitori avessero promesso a Tarquinia un piano di oltre 300 milioni di euro, con oltre duemila posti di lavoro assicurati, Mazzola ha preferito declinare. A fine aprile, la delibera di indirizzo era stata ritirata in consiglio comunale, tra le polemiche dell’opposizione, che l’aveva definita “frettolosa”, ma anche a causa di alcune perplessità di certi membri della maggioranza. Adesso, la decisione definitiva di non ripresentarla più al voto dell’assise. Le ragioni? A parte quelle politiche, si parla di contatti informali con gli stessi rappresentanti degli investitori, i quali non sarebbero stati in grado di assicurare al sindaco il rispetto degli strettissimi paletti (leggi: garanzie concrete che non si tratti di un bluff o peggio di una speculazione) imposti. Adesso il parco potrebbe farsi ad Anagni, l’ennesima tappa di una carovana che solleva tanta polvere da anni, ma niente di più.
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Mazzola: un sindaco tutto chiacchiere e distintivo, ergo pronto per un più alto e più retribuito scranno.
“Un milione di metri quadrati” di cemento. In poche parole mafia camorra ‘ndrangheta tangenti rifiuti speciali inquinamento