Il lavoro da ricreare, certo. Il centro storico da rilanciare, ovvio. Ma anche la sanità da ricostruire. Tra le primissime sfide che il prossimo sindaco di Viterbo si troverà a dover affrontare c’è di sicuro quello della rete assistenziale, ridotta in un cumulo di macerie a colpi di decreti dell’ex commissario ad acta Renata Polverini.
Ne è convinta la Cisl, che alla vigilia delle elezioni ha cercato di scuotere i candidati, criticando l’atteggiamento alquanto lassista tenuto negli ultimi anni dagli amministratori locali nei confronti delle decisioni prese in Regione. “I comuni, e in particolare quello di Viterbo di fatto – denuncia il segretario Rosita Pelecca – non è mai entrato nel merito delle scelte effettuate dalla Asl . L’amministrazione uscente non ha mai inciso attivamente nelle scelte dell’azienda, anzi ha di fatto subito quanto deciso in via Cristoforo Colombo a Roma”. E la conferenza dei sindaci? “E’ stata una mera ritualità”, risponde. Il momento scelto dal sindacato non è di certo casuale: “Ci aspettiamo – aggiunge Pelecca – che nel dibattito politico i candidati dicano chiaramente come vogliono affrontare e cercare di risolvere il problema sanitario dell’ospedale di Belcolle e di fatto dell’intera provincia”.
Il risultato? Un assordante silenzio. Di quelli che valgono più di mille parole. Al di là delle iniziative dei competitor che hanno incontrato medici e infermieri, nessuno ha presentato un’organica proposta sulla sanità. Solo Luisa Ciambella, consigliere uscente del Partito democratico e candidata con Leonardo Michelini, ha dedicato uno dei suoi ultimi interventi proprio all’argomento: “Vogliamo costruire un Comune che non subisca passivamente le decisioni che riguardano la salute e la cura dei cittadini. Un’amministrazione comunale capace di riportare Viterbo al centro della Tuscia e in un ruolo di dignità nel rapporto con la Regione Lazio. L’amministrazione di Giulio Marini – sostiene Ciambella – è stata tutto l’opposto e ha assistito passivamente ai disastri che l’ex presidente Renata Polverini ha dettato sul nostro territorio”.
Ma che disastri ha creato il piano di rientro? La mobilità passiva per il 2013 è quantificata dalla Asl in 21 milioni di euro. Significa che la Cittadella dovrà sborsare tale somma per rimborsare le aziende sanitarie umbre e toscane delle prestazioni erogate ai viterbesi che scappano dalle strutture locale, soprattutto per le liste d’attesa troppo lunghe. Belcolle è stato concepito per ospitare 600 posti letto, invece ne ha appena 422. Il decreto 80 del 2010, quello adottato dall’allora commissario ad acta Renata Polverini, è stato attuato solo per la parte che prevede i tagli: di fatto, la riconversione delle strutture periferiche si è fermata alla chiusura dei reparti senza che i pochi servizi aggiuntivi previsti siano mai stati inaugurati. Né si sa che fine abbia fatto il Dea di II livello, che avrebbe dovuto essere operativo il 1 gennaio 2012, facendo arrivare a Belcolle finanziamenti regionali con conseguente potenziamento dei servizi.
Nella Asl di Viterbo i posti letto ogni mille abitanti sono 2,24. Persino la spending review, che ha tagliato ovunque a rotta di collo, ne prevede di più e cioè 3 su mille. Lo standard stabilisce 939 posti letto per acuti. Ce ne sono invece 246 in meno, ovvero appena 639. Per la lungodegenza, ne servirebbero 47, se ne contano 31 (-16). Per la riabilitazione su carta ne occorrerebbero 172, ne mancano 69 (siamo fermi a 103). Viterbo è quindi fuori legge: mancano in totale 283 posti letto (857 presenti, 1.158 previsti). Ma la Tuscia, inserita nella logica delle macroaree con la parte nord di Roma, fa la media e su carta i numeri tornano. E però non passa giorno senza che gli utenti si lamentino dei servizi carenti, delle liste d’attesa chiuse, del personale che manca. Una sfida per il futuro sindaco.