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A volte ritornano: Ciambella in gialloblù

Il sopralluogo al Rocchi del sindaco Michelini accomnpagnato da Ferdinando CIambella

Il sopralluogo al Rocchi del sindaco Michelini accompagnato da Ferdinando CIambella

E’ tornato? Torna? Non ritorna? Si è soltanto limitato ad un’apparizione, tipo santa Brigitta del Sacro Cuore? No, non è possibile: c’è chi lo ha visto, chi lo ha toccato in carne e ossa, e chi persino lo ha fotografato. Lunedì 1 luglio, dice la data digitale sulla macchinetta, che non teme smentite: allora, dopo le sette della sera, quando la gente normale va a farsi l’aperitivo, lui, il nostro uomo, stava calcando il campo dello stadio Enrico Rocchi. Insieme al sindaco Leonardo Michelini, che per una volta svolgerà in questa storia il ruolo del comprimario. Il protagonista, invece, il nostro uomo, è Ferdinando Ciambella. Una persona, una squadra, due colori dentro al cuore. Perché Ciambella, il Ciambe, è la Viterbese, la sua essenza, la sua concretezza, la sua faccia buona e a volte pure quella cattiva.

Perciò quando è stato avvistato lunedì sera allo stadio ai tifosi dalla bocca buona, a quelli che conservano una memoria di ferro, è venuto un mezzo colpo di orgoglio e di gioia. E ancora di più in queste ultime ore, quando il ritorno di Ferdinando in società, nella Castrense Viterbo, pare cosa fatta. Già, perché il signor Ciambella mancava da via della Palazzina da due anni buoni, “dall’11 maggio del 2011”, come ricorda lui a memoria. Quella fu la data dell’addio, quando Ferdinando lasciò la sua amata per motivi mai chiariti. Volontà della dirigenza, forse – presidente Fiaschetti -, oppure solite invidie, solite gelosie di altri gruppi di potere e di pressione all’interno della gestione gialloblu. Col senno di poi: ha vinto Ciambella, visto che la As Viterbese oggi è sul letto di morte e che i casini si sono accumulati per mesi e mesi, guarda caso a partire dal giorno in cui lui, il Ciambe, non c’è stato più.

Ma anche il suo ritorno di lunedì al Rocchi va inquadrato con giudizio: “Sono qui soltanto perché il sindaco ha chiesto la mia consulenza per valutare le condizioni del campo. Nessun risvolto sportivo”, si è affrettato a puntualizzare Ferdinando, nome d’origine ispanica e lucidità da vecchio viterbese di campagna. Già, il campo: perché si dà il caso che Ciambella sia uno dei massimi esperti dell’erbetta del Rocchi, ma su questo torneremo più in là.

Per il momento, continuiamo a parlare di pallone. Certo, quello tra Ferdinando e la Viterbese è sempre stato un rapporto complicato. Ci si è avvicinato da giovanissimo, passando la sottile linea rossa che divide l’acceso tifoso dal piccolo collaboratore. Ha iniziato dal basso, portando le borracce, tracciando le righe di gesso, sistemando questo e sistemando quello. Poi ha scalato le gerarchie, approfittando dei cambi di società (sempre molto frequenti e molto cruenti, in via della Palazzina) e della sua dedizione al lavoro. Un mulo, Ciambella: tutti i giorni al campo, togliendo tempo prezioso alla sua pure fiorente attività di allevatore agricoltore (la sua azienda Monte Jugo è una delle eccellenze italiane, pluripremiata). E non solo: col passare degli anni Ferdinando è diventato anche un mostro di regolamenti, di contatti, di conoscenze, nell’intero calcio italiano. Ancora oggi, basta chiamare qualsiasi società nazionale, anche quelle blasonate, e dire: “Sono della Viterbese”. Ti rispondono in automatico: “Ah, la Viterbese, c’è ancora il grande Ciambella?”. Referenze che contano, nell’autoreferenziale pallone italico.

Comunque. Ciambella monumento, e questo è assodato. Qualcuno, nel corso dei secoli, ha provato pure a farlo fuori, ma senza esito. Anche lo stesso Gaucci, caterpillar per antonomasia, fu costretto a richiamarlo con tante scuse: “Perché senza Ferdinando non si può andare avanti”, ammise Big Luciano. E con ragione: perché oltre alla cura del campo – spesso, in tempi di carestia societaria, affidata agli stessi operai della sua azienda privata – Ciambella faceva veramente di tutto. Parlava e rassicurava i giocatori. Trovava gli sponsor. Organizzava le amichevoli. Coccolava i giornalisti. Conosceva ogni albergo d’Italia, al quale strappava sempre un prezzo stracciato per le trasferte della squadra. Aiutava i tifosi, cacciando le cinquanta euro utili per affrontare il viaggio di ritorno. Insomma, una di quelle figure che per passione e solo per passione, mandava avanti la baracca. Spesso senza apparire sui giornali – non gli è mai interessato – ma sempre decisivo.

Poi, due anni fa, la rottura definitiva. Dopo aver gestito la Viterbese quasi da solo, in mezzo a mille problemi. Dopo averci rimesso di tasca sua. Dopo aver ingoiato bocconi amari, anzi amarissimi. E pensare che fu proprio lui, Ferdinando, ad allestire l’unica squadra che tentò seriamente l’assalto alla serie C, quattro anni fa, mancando l’obiettivo solo alle semifinali playoff contro il Renate. Nessuno se n’è ricordato, al momento di farlo fuori. Certo, sono subentrati a Ciambella onesti dirigenti come Donsanti e Cusi, voluti dal Padrone chissà per quali ragioni. Ma il motivo per cui Ferdinando fu messo da parte non è mai stato chiarito. Lui, dal canto suo, è stato per due anni e più in silenzio, lontano dal Rocchi, lontano da casa sua, per coerenza. Ha sofferto, ma non ha mai polemizzato. Gli amici di sempre non lo hanno mai abbandonato. L’altro giorno, quando è apparsa la sua Bmw X5 nel parcheggio dei dirigenti, al solito posto, qualcuno ha avuto un’emozione. “Non sono qui per motivi calcistici, ma solo perché il sindaco mi ha chiesto di valutare le condizioni del campo”, ha spiegato lui. Che su quel campo ci è nato, che quel campo lo ha innaffiato anche alle cinque del mattino, e che quel campo lo conosce meglio di tutti. Tanto che quando Martinetti tirava una punizione da una certa buchetta, lui, prima che partisse il tiro, già anticipava: “E’ gol”. Parola di Ciambella.

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18   Commenti

  1. bucio ha detto:

    …oppure quando faceva la fattura alla Viterbese per 3500 al mese per la manutenzione del campo…eh si, che tempi…

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