“Ma che è, un volantino pubblicitario?”. No, signora mia, è un giornale, il più diffuso quotidiano della provincia. “Ma io come faccio a leggerlo? E’ scritto piccolo piccolo”. Si metta gli occhiali, signora. “Li ho messi. Non vedo niente uguale. Sono rincoglionita io, allora?”. Può essere un’ipotesi, ma non si butti giù così.
E’ successo a tutti, negli ultimi giorni, di prendere in mano una copia del giornale in questione, il Corriere di Viterbo (di solito lo si trova al bar, sul frigorifero dei gelati), e di stropicciarsi gli occhi. Il quotidiano, del gruppo Corriere dell’Umbria, ha cambiato formato. Anzi, meglio: ha ridotto il formato. Che già prima era quello definito “tabloid”, cioè già più piccolo dei quotidiani classici, dimensioni e tagli importati dai paesi anglosassoni – dove li adottano da decenni – e diventati tremendamente di moda anche da queste parti negli ultimi anni. Bene. Ora, però, il Corriere si è ristretto ancora, con un formato inedito, più piccolo del tabloid, quasi da free press (quei giornaletti gratuiti che vi regalano in metropolitana) o appunto da volantino pubblicitario. Che quelle dimensioni le ha per entrare meglio nelle vostre cassette della posta, e riempirle.
Ora, la domanda successiva della signora con gli occhiali sarebbe: “Perché l’hanno fatto così piccolo”. Risposta: per risparmiare sulla carta, signora mia. Che costa, e tanto, specie quando si stampano migliaia di copie. E con questi tempi di crisi è già dura sopravvivere, per i giornali cartacei, e anzi c’è pure Beppe Grillo che prevede che chiuderanno tutti presto (speriamo di no, a partire dal Corriere di Viterbo). Quindi: dimensioni ridotte, costo della carta pure, mentre il prezzo del quotidiano in edicola è rimasto comunque lo stesso, 1 euro e 20 centesimi in abbinamento obbligatorio, nella Tuscia, con il Tempo. Ma questo è un altro discorso.
Ciò che ha disorientato la signora miope, invece, è che pure riducendo il formato del giornale, al Corriere hanno mantenuto le dimensioni originali dei caratteri uguali. Che in tal modo si sono ristretti anch’essi, insieme al formato del quotidiano. Col risultato che leggere un articolo, specie certi boxini piccoli piccoli, tipo “Spiegamento di forze per la chiusura di un locale da ballo a Carbognano” (pagina 11, edizione di mercoledì), diventa un’impresa. Ci vorrebbe una lente d’ingrandimento, alla Sherlock Holmes, ma chissà se le fanno ancora. Senza lente, il mal di testa è assicurato. Letture prolungate, magari di certe articolesse sulla politica o sull’economia, fanno perdere almeno un paio di diottrie a botta. E allora saranno contenti gli oculisti, i medici e gli speziali.
In attesa che al Corriere di Viterbo escogitino qualche soluzione (magari regalare un lettore in carne ed ossa, allegato ad ogni copia e incellofanato come da legge), vale la pena ricordare ciò che disse l’avvocato Agnelli a proposito di Paolo Mieli quando diventò direttore di un altro Corriere, quello della Sera: “Mieli ha messo la minigonna al Corriere”. Bene, al Corriere di Viterbo togliamogli la gonna, ma lasciamogli solo il “mini”. Molto mini.
L’organo ufficiale del Peppe Bucia Pensiero (scusate la parola grossa!) s’è rimpicciolito così come molto presto si rimpicciolirà lo stesso Cicciobello viterbicolo. Com’è che si dice? Chi di fango ferisce di fango perisce.