La Coop? Non sei più tu. Ai tempi della crisi, persino le cooperative hanno perso il loro animo sociale (o socialista, che dir si voglia). E così succede che i precari della Unicoop si incatenino perché dopo anni di precariato non solo non ottengono la stabilizzazione, ma non vengono nemmeno richiamati. E questo nonostante la legge preveda che dopo 36 mesi di contratti a termine scatti l’assunzione. Eh sì, persino la rossa Coop sbiadisce e comune un camaleonte si adegua alle politiche assunte dalle altre catene. Per protestare, la Usb di Viterbo ha dato vita al coordinamento lavoratrici precarie Unicoop Tirreno. Un coordinamento di dipendenti con la scadenza che, se in altre aziende non farebbe notizia, qui lo diventa proprio per la natura di una cooperativa che contraddistingue la catena.
“La costituzione del gruppo – spiega Luca Paolocci, responsabile del settore privato della Usb – è nata a seguito dell’espulsione dei precari dai territori in cui opera Unicoop Tirreno. Lavoratori ora decisi a rivendicare il loro sacrosanto diritto all’assunzione”.
La riunione è stata convocata “con l’obiettivo – aggiungono le portavoci Teresa e Antonella Paolocci – di condividere un percorso di lotta che impedisca a Unicoop Tirreno di disfarsi dei lavoratori che per anni hanno sacrificato la vita nella speranza di un’assunzione a tempo indeterminato.
Il coordinamento vuole coinvolgere le istituzioni del territorio a tutti i livelli, gli organi d’informazione, le sezioni soci e chiederà un incontro alla società rea, per la Usb, di disattendere la legge. “Chi raggiunge con la stessa azienda i 36 mesi di lavoro con contratti a termine ha diritto – ricordano dal sindacato di base – all’assunzione a tempo indeterminato e non serve evocare la crisi per aggirare tale norma.”
Per Lino Rocchi, coordinatore confederale Usb, la Coop ha smarrito se stessa. “In questo modo – conclude – non esercita quella funzione sociale così fortemente declamata nelle pubblicità. Anzi, al pari di altri marchi, utilizza il lavoro precario per abbassare i costi del personale e non per oggettive esigenze temporanee. E’ evidente, secondo noi, la carenza di personale nei supermercati e ipermercati Unicoop di cui risente il servizio offerto a soci e clienti.Ridurre il personale è un’operazione commerciale autolesionista”.
A questa situazione già difficile dell’Unicoop Tirreno si aggiunge la ventilata chiusura dell’altra Unicoop cittadina, di cui, nonostante la maleducazione e l’arroganza del personale, probabilmente i soli cittadini del quartiere Murialdo sentiranno la mancanza. Vai Lino Banfi, cioè Rocchi, che c’è tanto lavoro per te!