Alcuni mesi or sono era uno dei “rottamandi”, almeno stando a quanto affermava Matteo Renzi durante la campagna per le primarie 2012, quando si doveva scegliere il candidato premier tra lui e Pierluigi Bersani. Ma Beppe Fioroni da Pianoscarano – una ne fa e cento ne pensa – questo bell’ostacolo che gli aveva messo davanti il sindaco di Firenze ormai lo ha superato. E, dal momento che in politica panta rei (tutto scorre, come diceva Eraclito), l’ex ministro della Pubblica Istruzione ha cominciato già da alcuni giorni la marcia d’avvicinamento a quello che ormai tutti dànno come prossimo competitor del centrosinistra alle politiche, soprattutto se Silvio Berlusconi dovesse far cadere il governo in tempi brevi.
Ma Fioroni, maestro nell’arte del riciclaggio – soprattutto quando da riciclare c’è la sua persona – sta andando oltre, senza però imitare Dario Franceschini. Che, avendo dichiarato coram populo il suo appoggio a Matteo Renzi anche per la segreteria del partito, secondo alcuni fioroniani doc si sarebbe in un certo senso venduto. “Se c’è un candidato che ha l’80 per cento – ha dichiarato invece il nostro alla stampa nazionale – e gli altri messi insieme non arrivano al 20 per cento, allora il dibattito è difficile. Comunque personalmente premierò, appoggerò, chi costruirà il massimo di unità”. Un messaggio in perfetto politichese, come gli hanno insegnato i suoi maestri della vecchia e sempre rimpianta Dc, che però lascia poco spazio a libere interpretazioni: alla fine Fioroni salirà sul carro di Matteo portandosi dietro la sua folta truppa di cristiano popolari, che lo rende immarcescibile negli equilibri del Pd, chiunque ne sia al comando o voglia andarci. Del resto Fioroni non ha mai difettato quanto a strategia: accodatosi a una Rosy Bindi, all’epoca ministro della Sanità quando era novello deputato, la abbandonò qualche anno più tardi per abbracciare la corrente di Franco Marini, voce pesante nella Margherita rutelliana.
Poi, arrivato il Pd, con un’esperienza da ministro alle spalle, pensò subito a organizzare l’ala cattolica, nella consapevolezza che questa fosse una componente determinante per la stessa sopravvivenza del nuovo partito. E alle primarie dello scorso anno decise di appoggiare Bersani perché, pur essendo lui e i suoi minoranza, erano comunque elemento fondante per la credibilità, piddina dopo lo splash down di Walter Veltroni e della sua filosofia di partito.
Adesso è arrivato il momento di convertirsi al renzianesimo, ma senza svendere la propria immagine e la propria credibilità. Per ora è cominciata la marcia di avvicinamento, ma vedrete che – a meno di sconvolgimenti improbabili – tra un po’ si celebrerà il matrimonio ufficiale tra i due. Con un Matteo Renzi che – vedrete – prima o poi comparirà a Viterbo insieme a Beppe Fioroni. E lo dovrà conseguentemente depennare dalla lista di quelli da rottamare.
Ma che bella apologia dell’onesto ex lusiano Peppe Bucìa!