Talete è una società che scotta. Gravata da debiti pregressi per circa 8 milioni di euro, alle prese con l’emergenza arsenico e i cittadini che per protesta contro l’acqua non potabile non vogliono pagare, di fronte a una Regione che ancora non ha deciso da che parte prendere la gestione del servizio pubblico, i partiti hanno ben deciso di lasciare il cerino in mano all’attuale presidente Marco Fedele. Stando alle logiche della lottizzazione, infatti, avendo il Pd vinto il Comune di Viterbo spetterebbe al centrosinistra nominare il nuovo capo della spa. E invece no: ai sindaci del futuro di Talete poco importa, tanto che continuano a disertare tutte le riunioni.
E allora? Allora si andrà verso una proroga dell’attuale consiglio di amministrazione (composto oltre che da Fedele, da Lucidi in quota Gigli e da Piciucchi nominato dal Pd). Una proroga propedeutica all’approvazione del bilancio che anche quest’anno chiuderà in pareggio (portandosi però dietro sempre la zavorra del debito passato).
Insomma, si prende tempo in attesa di capire le mosse della Regione. L’ente di via Cristoforo Colombo a Roma dovrà decidere se tornare a investire sull’Ato debole di Viterbo, se invece optare per un Ato unico a livello regionale, se commissariare i Comuni che da anni sono inadempienti perché non entrano in Talete. Poi, starà ai soci (i sindaci) capire se ci sono i presupposti per chiedere una rimodulazione delle tariffe (sai che levata di scudi con l’acqua non potabile) e se accendere un mutuo per ripianare il debito. Una bella matassa, che per ora Fedele si trova a dover sciogliere senza troppo entusiasmo intorno a lui.
Sarà pure gravata da debiti la Talete, ma il gettone, più o meno pingue, presidente e consiglieri l’hanno sempre messo in saccoccia.