Una sentenza che sta facendo scuola. E proseliti. Con la conseguenza che per Talete si mette davvero male: potrebbero lievitare a dismisura le cause per risarcimento danno contro l’arsenico. A dare il là a una strada che ora intendono seguire anche le imprese, è stato il giudice di pace che ha accolto il ricorso di tre cittadini di Capranica. In soldoni, ha concesso loro un risarcimento di mille euro e il dimezzamento della tariffa in bolletta. Un pronunciamento apripista, quello intentato dallo studio legale di Massimo Pistilli. Che ora intende riproporre la stessa via alle imprese, col supporto di Cna e Confcommercio.
La sentenza di primo grado stabilisce un principio fondamentale: la fornitura di acqua non rispondente agli standard comporta una responsabilità civilistica, quindi il diritto al risarcimento del danno. Per la prima volta, inoltre, si fa la distinzione tra acqua a uso alimentare e acqua utilizzata per altri scopi. Talete sinora ha sempre negato la possibilità di ridurre le bollette sostenendo che questa differenziazione era impossibile da stabilire. Lo ha fatto invece il giudice, valutando che in media ogni città consuma metà della risorsa per cucinare e bere. Siccome l’acqua è avvelenata dal metallo pesante, è ingiusto che paghi per questa metà. Quindi la bolletta va dimezzata. Inoltre, l’installazione delle casette non esime la società dal fornire acqua potabile, come prevede lo statuto stesso di Talete. Quindi le fontanelle sono solo un palliativo: il nodo resta la fornitura alle singole utenze.
“La nostra è anzitutto una battaglia di civiltà”, hanno detto l’avvocato Massimo Pistilli (accompagnato dai colleghi di studio Riccardo Catini e Elena Tolomei), Luigi Melaragni (Cna) e Bruna Rossetti (Confcooperative). Le imprese alimentari (bar, ristoranti, forni, pizzerie, pasticcerie e simili) hanno sinora dovuto spendere diverse migliaia di euro per continuare a lavorare, dotandosi a proprie spese di dearsenificatori. “Dopo l’installazione, gli impianti – spiegano Melaragni e Rossetti – richiedono controlli continui, sono necessarie analisi in laboratori accreditati dalla Regione che costano cento euro a trimestre e la pulizia dei filtri va fatta una volta l’anno”. Ora, sebbene la sentenza non sia definitiva, le aziende contano di ottenere il giusto risarcimento del danno intentando causa.
L’avvocato Pistilli, tanti anni fa, ha promosso a nome dell’A.C.DI. (Associazione Calvi d’Italia) una class action nei confronti dei barbieri, ma il successo non gli ha arriso neanche quella volta.