Tutti i prodotti dovranno presentare il marchio “made in” sulla propria etichetta, pena la non ammissibilità nel mercato. Lo ha stabilito la Commissione Mercato interno e Protezione dei Consumatori del Parlamento europeo, definendo nuove disposizioni in materia di “made in” per garantire la piena tracciabilità del prodotto. È una notizia da accogliere con l’entusiasmo di chi da anni si batte per la salvaguardia delle eccellenze nostrane, prodotti di qualità ricercati dai consumatori di tutto il mondo.
Queste nuove disposizioni colgono nel segno molti degli obiettivi necessari per la salvaguardia dell’attività delle piccole e medie imprese italiane. Dalla valorizzazione del patrimonio manifatturiero dell’artigianato, alla lotta al contraffatto, queste norme si traducono in un modo nuovo di intendere il legame di fiducia che lega il tra produttore al consumatore. Quest’ultimo, infatti, si vede tutelato nel diritto alla corretta informazione sull’origine dei beni acquistati. Ci troviamo dinnanzi a quella che è stata definita una tappa storica per le imprese italiane e per la tutela dell’origine dei nostri prodotti; un traguardo ben accolto da tutte le imprese attive sul territorio che della provenienza dei loro prodotti fanno un vanto.
Chiarezza nell’identificazione dell’origine dei prodotti significa impegno per la difesa e la valorizzazione del “modello Italia”. In questo momento di forte crisi e calo della produzione, l’approvazione dell’obbligo di indicazione di origine controllata rappresenta un segnale forte per le nostre imprese. Sfruttando la richiesta del “made in Italy”, che non risente della crisi, è possibile rilanciare produzione e consumi.
In base a una ricerca dell’Ufficio studi di Confartigianato condotta su dati Eurobarometro, infatti, risulta che 1 cittadino europeo su 3 (vale a dire130 milioni di persone nella Ue) sceglie cosa acquistare sulla base dell’origine dei prodotti riportati in etichetta. Solo in Italia, l’attenzione all’origine dei prodotti riguarda 25 milioni di persone.