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La sfida di Bettini: “Un Pd tutto da rifare”

Bettini con Dottarelli e Trabacchini

Bettini con Dottarelli e Trabacchini

Goffredo, nome da crociata. Bettini, cognome da ciclista. E perciò in Goffredo Bettini c’è la sintesi dell’audacia e della fatica, delle idee e del laborioso percorso per vederle realizzate. Lui, l’ex parlamentare Pd, il kingmaker di sindaci come Rutelli e Veltroni, l’uomo di cultura, l’esule (per scelta) in Thailandia negli ultimi tre anni, ha presentato il suo libro, “Carte segrete” (bel titolo: stuzzica) ieri sera ai viterbesi – alla libreria del Teatro -, condendola con il suo progetto politico. Si chiama “Il campo democratico”, ha già registrato le sottoscrizioni di esponenti illustri, anche fuori dalla nomenclatura, e qui a Viterbo ha tra i simpatizzanti pezzi di storia del Pci (e del Pds, e dei Ds, e del Pd) come Quarto Trabacchini. Che infatti ha organizzato l’incontro, al quale si sono visti pezzi grossi del centrosinistra tusciarolo, dal sindaco Michelini (presente fino alla fine), agli assessori Ricci e Barelli, al capogruppo comunale Pd Serra, al consigliere regionale Valentini. Dei due candidati alla segreteria provinciale, c’era soltanto il renziano Alessio Trani, mentre Andrea Egidi ha mandato un messaggio, giustificandosi con sacrosanti ragioni familiari.

Ma cosa vogliono, questi del campo democratico? Non sarà mica l’ennesima correntuccia di un Pd che sembra – in quanto a correnti – l’oceano Pacifico? Naaaaooohh. Anzi, Bettini ritiene che le correnti siano le metastasi del partito: “Per questo – dice, con una ars retorica che fa venire i brividi e che speriamo sia da esempio ai politici nostrani presenti in sala – al congresso abbiamo deciso di non appoggiare nessun candidato. Voglio dare battaglia, sia chiaro, ma in un momento in cui tutti si schierano io vado in controtendenza. Vedo gente che stava con Veltroni e che poi è passata a Bersani e che adesso passa con Renzi. Peccato, perché i candidati sarebbero anche di talento, potrebbero essere la nuova classe dirigente, ma debbono essere amici, non nemici. L’ho detto loro e lo ripeto: nella vecchia Dc, che era una babele, i leader non erano nemici, lo stesso nel Pci. Amicizia della differenza, sia chiaro, amicizia nelle idee, nelle opinioni. Se i candidati segretario litigheranno, faranno il gioco dei vecchi poteri, si porteranno appresso pezzi di vecchio. Ecco, la verità è che siamo sopraffatti da uno sciame di nani che si credono di essere padroni del mondo. Il problema del Pd è l’autoreferenzialità selvaggia, che ha fatto perdere il contatto con la realtà sociale del Paese. Solo a Roma ci sono cinque correnti dalemiane diverse: nessuna di essa rappresenta una realtà sociale dei cittadini”. Brividi.

Ma allora, la ricetta di Bettini e del suo campo? “Ritrovare l’empatia con le persone, perché abbiamo vinto quando abbiamo recuperato l’emaptia con le persone, vedi i referendum, o la manifestazione delle donne di “Se non ora quando”. E alleggerire il partito: non ci serve un partito pesante, ma un partito che pensa, un’agorà, persone che si ritrovano due volte al mese al circolo per parlare, per macinare idee”. E le elezioni, e Matteuccio Renzi? Bettini è categorico: “Votiamo il prima possibile, a marzo, e dobbiamo deciderlo noi, perché abbiamo capito che il governo delle larghe intese, che poi sono piccolissime, non lo farà certo cadere Berlusconi, al quale invece fa comodo. Renzi? Secondo me è più adatto a fare il premier piuttosto che il segretario di partito”.

Questa la parte politica. Prima Bettini aveva deliziato la platea con racconti e aneddoti sulla sua gioventù a Prati, l’avvicinamento alla politica, il cinema di De Sica (Vittorio, non Christian) e Rossellini, la trasformazione di Roma negli anni e nei secoli. Con un passaggio obbligato, visto il luogo, su Luigi Petroselli, l’ex sindaco di Roma ma viterbese doc: “Lo chiamavamo l’etrusco, un duro. Ma dietro quella scorza nascondeva zampilli di straordinaria umanità, appena li toccavi eruttavano”. Da queste parti lo avevamo capito prima, modestamente e viterbesemente parlando.

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2   Commenti

  1. Massimiliano Mascolo ha detto:

    A me, a sentire parlare Bettini, viene in mente una frase di Flajano: “Non sono comunista, non me lo posso permettere”.

  2. Giorgio Molino ha detto:

    Più che rottamatore, il Sor Bettini sembra un rottame del paleozoico della politica (il Partito Comunista: c’è ancora chi stoltamente lo rimpiange!).

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