Da un’attenta analisi emerge un dato senza dubbio incoraggiante: degli inquilini abitudinari non si è lamentato nessuno. Il passaggio da ottobre a novembre è scivolato via liscio come l’olio. Se infatti Civita di Bagnoregio è nota ai più con il romantico appellativo di “città che muore”. Viterbo può serenamente definirsi un borgo a misura di morto.
Vuoi per un centro storico sempre più grigio e triste. Vuoi per una quantità indefinita di attività commerciali che durano meno d’una sigaretta. Vuoi, infine, per la spiccata capacità gestionale del cimitero. Guai a chiamarlo “sanlazzaro” quindi. Anche se poi proprio al Santo di nome Lazzaro risulta intestata l’area.
In questi giorni di passeggio continuo, al camposanto ogni cosa ha marciato a dovere. All’interno dell’are monumentale non vi erano fastidiose auto spiaggiate qua e la (come di norma accade al corso, per esempio). Il servizio di bus navetta ha permesso staffetta a decine e decine di utenti (mancava solo la musica in filodiffusione e si poteva pensare di arrivare al Theatro). Se non bastasse l’ascensore, quello collocato nell’area nuova, ha eseguito senza indugi il suo compito (inutile il parallelismo col cugino inesistente più volte invocato a Valle Faul).
E proprio il montacarichi per bipedi è stato oggetto di discussione all’interno del Palazzo. Con l’assessore ai servizi cimiteriali Luisa Ciambella che si è battuta al fine di ripristinarlo. “Mi impegnerò affinché torni a funzionare regolarmente”, ha dichiarato il 30 ottobre. “Grazie alla collaborazione degli uffici e dei tecnici oggi è di nuovo in opera”, queste le parole della stessa a distanza di ventiquattro ore.
Inutile negare quindi che stavolta l’amministrazione si è mossa con operosità certosina. Assicurando a quanti fossero interessati a visitare i cari al San Lazzaro un servizio a regola d’arte. Non sono mancate infine le classiche botteghe dei fiori non-stop (la leggenda vuole che in certe date i prezzi lievitino). Il prolungamento dell’orario di apertura dei cancelli. Quel tipo che si piazza col camion in fondo, direzione Montefiascone, con anfore, ragazzini di coccio ed un inquietante cartello “Vase 10 euro”. D’altronde business is business.