A Viterbo è apparso Dante (Firenze, tra il 22 maggio e il 13 giugno 1265 – Ravenna, 14 settembre 1321). Ma poi a Capranica si è materializzato Francesco Petrarca (Arezzo, 20 luglio 1304 – Arquà, 18/19 luglio 1374). Quindi Giovanni Battista Casti (Acquapendente, 29 agosto 1724 – Parigi, 5 febbraio 1803) ad Acquapendente. E poi, Vincenzo Cardarelli (Corneto Tarquinia, 1º maggio 1887 – Roma, 18 giugno 1959) a Tarquinia, dove “rise l’etrusco”. E, dulcis in fundo, a Chia, sotto la torre medievale, Pier Paolo Pasolini (Bologna, 5 marzo 1922 – Lido di Ostia, 2 novembre 1975).
Sono gli scrittori e i poeti che questa estate sono stati protagonisti delle passeggiate-racconto di e con Antonello Ricci e la sua allegra brigata “la Banda del racconto”, nell’ambito delle iniziative a sostegno dell’editore Davide Ghaleb. Chi vi ha partecipato, infatti, è stato sottoposto a un solo (per chi ama i libri e la lettura, piacevole) obbligo: acquistare un volume a scelta dal catalogo dell’editrice con sede a Vetralla.
Ora il racconto di quelle passeggiate è stato sintetizzato sul portale http://www.ghaleb.it/, accompagnato da un denso apparato fotografico curato dallo stesso Ghaleb che fa rivivere le atmosfere di piccoli eventi in cui, da un lato il menestrello Ricci ha dato pieno e sapiente sfogo alla sua vena istrionica, dall’altro conservano memoria di mirabilia letterari che hanno avuto per oggetto nel corso di più secoli tanti angoli della Tuscia viterbese.
Qualche lacerto dei canovacci di Ricci.
Dante: “Occuparsi di paesaggi locali nella Comedìa dantesca non è bagattella da localisti. Perché a inseguire maremme e bulicami, macchie inestricabili e ingressi d’averno, anguille e vernacce, prigioni che affondano nel fango, il lettore contemporaneo potrebbe finire per ritrovarsi nel centro del più grande libro mai scritto da un cristiano…”.
Petrarca: “Sul principio del 1337, ospite del conte Orso dell’Anguillara, Francesco Petrarca sosta a Capranica. Sedici giorni, anche più. Ma non si tratta di soggiorno di piacere. Il poeta è in viaggio verso Roma per la prima volta in vita sua e non vede l’ora di arrivare. Ma sono tempi politicamente instabili, turbolenti: le strade che portano alla Città Eterna non sono sicure per sodali e partigiani della nobile famiglia dei Colonna. Meglio trovare ricetto temporaneo presso amici fidati…”
Cardarelli: “Roma. Anni Cinquanta del Novecento. Era già l’amara leggenda di sé stesso, il vecchio vate di Tarquinia («il più grande poeta morente», sentenziò Flaiano): eternamente assiso a uno dei tanti tavolini en plein air del caffè Strega di via Veneto – quella via Veneto che Fellini avrebbe presto immortalato nell’agrodolce epicedio della Dolce vita. Sacerdote scontroso e inavvicinabile, il più delle volte, Vincenzo Cardarelli: come nei «quarti d’ora del carcerato» toccati in sorte a Re Tarquinio, lo Zi’ Checco protagonista di alcune fra le sue prose più belle. Con tutta la sua sfacciata miseria, i suoi Campari, i suoi sbalzi d’umore, le sue battute impietose.
Casti: “In compagnia dei versi degli Animali parlanti e delle Novelle galanti del poeta-abate aquesiani, la passeggiata/racconto si è svolta fra le architetture tardo-ottocentesche firmate da Guglielmo Meluzzi nel centro storico di Acquapendente. Un’occasione per riflettere su due secoli di trasformazioni nella forma di una città e della sua comunità”.