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Quella rivoluzione targata Luciano Gaucci

Joe Savarese

Joe Savarese

La storia spesso si ripete. D’accordo, calendario alla mano comincia ad essere roba vecchia, d’annata. E però quell’anno della Viterbese in serie C1, l’anno di Gaucci (“Luciano l’uragano oh oh oh”, cantavano i tifosi in estasi), non si dimentica. I gialloblu tra i grandi, contro Palermo e Ascoli e Arezzo e Ancona, lo stadio pieno, la serie B accarezzata, Carolina Morace in panchina (per poco), e scandali, e scoop, e ribaltoni e ritiri punitivi e silenzi stampa. Già, e allora era pieno inverno quando Gaucci decise di rifare per l’ennesima volta la squadra. Via un tot di giocatori, dentro un’infornata di nuovi acquisti. “Per dare la scossa”, diceva lui, o forse soltanto lo faceva per soddisfare certe richieste –  o ordini – che arrivavano chissà da chi, chissà perché. Chissà per quali equilibri di alto livello da mantenere, da proteggere.

Così, in un giorno d’inverno, ci ritrovammo qui a Viterbo mezza squadra ceduta altrove ed un’altra mezza, nuova di zecca, in arrivo. A questo proposito, un pomeriggio, la stampa fu convocata in un albergo di semiperiferia per la presentazione dei due nuovi attaccanti. Tutto molto formale, per carità, tutto molto preciso. C’era l’allora vicepresidente, Giancarlo Tulliani (sì, lui, il fratello della donna di Gaucci, Elisabetta, quello che qui ormai veniva comunamente chiamato Elisabetto e che ancora non aveva conosciuto Gianfranco Fini e il Principato di Montecarlo) che filtrava gli accessi alla conferenza, modello buttafuori. “Di quale giornale sei?”, chiedeva mellifluo al cronista entrante. Guai a scrivere per il Messaggero, perché allora Lucianone aveva bandito i cronisti del quotidiano romano dallo stadio e da qualsiasi iniziativa che riguardasse la Viterbese. Comunque, bastò poco per entrare in incognito.

E dentro? Dentro c’erano i due nuovi acquisti. Uno svedese, Ulf Ottosson, cinghialone biondo che sembrava (o forse era) un taglialegna scandinavo finito per caso nel rutilante mondo del calcio. E poi lui, Giovanni Savarese, altro attaccante, forse più magro del collega, e introdotto nel giorno della presentazione ufficiale viterbese niente meno che da Walter Zenga. Sì, il portiere del Mondiale-che-non-si-poteva-perdere (Italia 90, che l’Italia perse appunto a causa sua, nella semifinale di Napoli contro l’Argentina e la sciagurata uscita a farfalle su Caniggia) e reduce da un’esperienza di fine carriera in America. Già, perché Savarese giocava negli States, pur essendo di origine italiana, e pur essendo centravanti titolare della Nazionale del Venezuela. Amatissimo, tra parentesi, da quei maniaci del football che si fissano sui giocatori particolari e che quasi li adottano, come risposta romantica e perdente rispetto alle grandi stelle internaziinali.

Comunque, quel giorno Zenga fece da padrino a Savarese, nella sala conferenze di un albergo viterbese, e Tulliani e gli altri dirigenti approvarono, e i giornalisti presero nota e tutto qui. Poi, né Ottosson né Savarese dimostrarono di meritare la maglia gialloblù: qualche presenza, zero gol, l’impressione diffusa di un’inadeguatezza lampante per il nostro pallone, sporco e spoetato. Meteore. Bidoni. Sòle.

Qual è la novità, a parte l’amarcord? Di Ottosson abbiamo perso le tracce: starà tagliando alberi e cacciando alci sopra la linea dell’equatore, beato lui. Savarese, invece, è finito ad allenare i New York Cosmos, mitologica squadra  della Grande Mela. Una delle prime, negli anni Settanta, a tentare di promuovere il calcio negli Stati Uniti: la squadra, per capirci, dove giocarono fenomeni come Pelé (sì, Pelé), Giorgio Chinaglia, Carlos Aberto e il Kaiser Beckembauer. Sul fantastico tappeto sintetico del Giants Stadium, con sponsor e fanfare mediatiche che allora in Europa ce li sognavamo. Quel tentativo pazzo e corragioso fallì, ma oggi il soccer in America ha ripreso pelo, e i mitici Cosmos non sono morti: militano in serie B a stelle e strisce, la Nasl, e hanno anche un giocatore italiano come Alessandro Noselli (seconda punta, ex Mantova e Sassuolo). Allenatore? Jo Savarese, naturalmente, una stella cadente nel cielo di Viterbo, ai tempi della costellazione gialloblu creata da Gaucci. E di nuovo a inseguire il suo sogno Oltreoceano, dalla panchina.

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1 Commento

  1. Giorgio Molino ha detto:

    Eh sì, manca solo Giancarlo Tulliani, momentaneamente trattenuto nel suo monolocale a Montecarlo.

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