Favorire l’accesso alle prestazioni sanitarie e prevenire l’insorgere di patologie tumorali nelle donne immigrate della provincia di Viterbo. Con questo obiettivo, presso la sede dell’associazione Aman in via Cristofori a Viterbo, si è svolto un corso di informazione per le donne immigrate, extracomunitarie e non, che risiedono nei Distretti sanitari 2 e 3 della Ausl. L’incontro fa seguito a uno analogo che si è tenuto lo scorso 28 novembre ed è parte integrante del programma delle attività previste nel progetto Leila, di cui Aman (Associazione per il Miglioramento dell’Assistenza ai malati Neoplastici) è capofila.
Oltre a erogare un servizio di formazione e di sensibilizzazione per le donne immigrate sul tema dei tumori femminili, Leila è stato concepito anche per realizzare uno studio sulle esigenze, in termini di stima di assistenza sanitaria. L’iniziativa prevede la partecipazione di un network di associazioni di volontariato che comprende l’Auser di Viterbo, l’associazione umanitaria Semi di Pace di Tarquinia e l’associazione Sans Frontiere. Oltre a questi soggetti, la rete comprende numerosi partner: dal Coordinamento Screening e dai Distretti sanitari 2 e 3 della Ausl al Centro d’ascolto diocesano della Caritas di Viterbo, dallo sportello migranti della Cgil alle Acli, fino all’istituto comprensivo di Orte.
Nelle prossime settimane si svolgeranno altri incontri informativi in diversi comuni della provincia con la partecipazione di volontari opportunamente formati e con la possibilità offerta alle donne immigrate di concordare degli appuntamenti presso i consultori per effettuare gli esami diagnostici.
“Gli strumenti di diagnosi precoce di cui oggi siamo a disposizione – spiega Silvia Brezzi, responsabile del Coordinamento screening della Ausl di Viterbo – sono molto efficaci. Il tumore del collo dell’utero, ad esempio, nei Paesi in via di sviluppo è ancora la seconda causa di morte per cancro, ma nel mondo occidentale il numero dei casi e quello dei decessi continua a diminuire grazie soprattutto all’introduzione del Pap-test. La presenza sul territorio nazionale, sempre più rilevante, di cittadine immigrate rischia di compromettere questa tendenza virtuosa perché, non essendo registrate all’anagrafe, queste donne sfuggono ai programmi di screening. Da questo punto di vista il progetto Leila ha un’importanza significativa, perché consente alla Ausl di Viterbo di stabilire un contatto diretto con la popolazione femminile immigrata residente nella Tuscia”.