Che fine hanno fatto i giorni delle merla? Dovrebbe fare un freddo polare ed invece pare quasi di vivere la stagione dei Monsoni. In tutt’Italia continua a piovere senza interruzione ormai da un pezzo, e le catastrofiche conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Così, oltre ad interrogarci sul quando finirà questo diluvio, viene anche da porci domande sulle motivazioni. Come mai i rubinetti non si chiudono? E a cosa stiamo andando incontro? La Tuscia è in piena emergenza, tanto sul mare quanto sui monti. Non si parla d’altro. Ne usciremo?
“E’ una tendenza crescente, purtroppo – sottolinea il fisico nonché insegnante di Ecologia Riccardo Valentini – di sicuro non un comportamento climatico classico, ma una configurazione anomala”. In pratica è bene che cominciamo ad abituarci ad inverni di questo tipo. “Le alte temperature portano a determinati effetti – prosegue – e ci siamo imbattuti in un ciclone pseudo tropicale proveniente dal Mediterraneo. Fenomeni simili si riscontrano un po’ dappertutto”.
Mal comune mezzo gaudio. Ma le motivazioni?
“Partendo da lontano si può tornare a parlare di riscaldamento globale. Una battaglia questa portata avanti da parecchio. Aggiungiamoci però che siamo anche abituati male. Non siamo pronti”.
Ok, però più dell’ombrello e gli stivali cosa si può fare?
“Occorre avere un occhio di riguardo in fase di progettazione. Ci basiamo sui dati del passato quando invece il futuro sarà totalmente diverso. Penso ai criteri di costruzione, piuttosto che alla conservazione o alla trasformazione. Già riducendo il consumo del suolo, magari attraverso un rimboschimento, le radici delle piante ridurrebbero gli effetti erosivi. Sarebbe un primo passo”.
Il problema quindi è (anche) di natura civica.
“Chiaramente – aggiunge – l’organizzazione è basilare. Penso a tutti i corsi, le simulazioni, la rete di informazioni, gli apparati preposti, presenti negli Stati Uniti. Da noi è fantascienza, ci scherziamo addirittura sopra. Con poco invece si eviterebbero diversi drammi. Ricordiamoci che tutto è prevedibile, non ci sono margini di errore per le 24-48 ore successive”.
E la Tuscia com’è messa rispetto al resto dello Stivale? Quando si tratta di fenomeni negativi di norma siamo in pole.
“Male – ci scherza sopra – ma non per colpe sue, piuttosto per la conformazione stessa del territorio. Tante zone vulnerabili, se si pensa ai fiumi come il Tevere, il Fiora, il Marta. Ma anche diverse aree di montagna, altrettanto delicate. Inoltre l’agricoltura intensiva ha oltrepassato diversi limiti, mangiandosi gli argini. Viviamo in una zona a rischio, delicatissima. Inutile negarlo”.
E come se ne esce?
“Innanzitutto, come detto, con un sistema forte (e qui Valentini si rimette i panni di consigliere regionale). Mercoledì abbiamo discusso a lungo sulla Protezione Civile. Non sono molto d’accordo quando si parla di nuove entità, ma in questo caso credo il Lazio abbia urgente bisogno di un’agenzia. Manca un servizio di rete. Una testa che coordini. È una delle grandi sfide che stiamo portando avanti. Senza il volontariato oggi come oggi non si va da nessuna parte. Anzi, approfitto per ringraziare tutte le persone che in queste ore difficili stanno svolgendo un lavoro incredibile”.
Vorrei ricordare a Valentini e a chi legge che tre anni fa un simile evento, ma con temperature più basse, portò a un metro di neve e al blocco della nostra provincia. Neve e pioggia sono fatte della stessa sostanza (l’acqua), è lo stato fisico che le differenzia. Quindi non è piovuto di più rispetto agli altri anni, ma in modo diverso è caduta la stessa acqua.
Piuttosto speriamo di non abituarci mai alle amenità da Nobel (o Ignobel?) dell’onorevolino Riccardino Valentini, ovvero la testa più lucida della Pisana.