I bambini corrono in questo pomeriggio che sembra primavera, e che forse lo è, dopo dieci giorni di pioggia e playstation forzata. I più grandi invece si allenano con metodo, e sacrificio: i mezzofondisti, le gazzelle del salto in alto, i funamboli del peso e del giavellotto. E’ un qualsiasi pomeriggio al campo sportivo scolastico – per tutti: il camposcuola – di Viterbo, uno dei tre pezzi che compongono la cittadella sportiva sulla strada Teverina (gli altri sono il campo da rugby e quello da baseball, confinanti). Ma questa isola di sport e di educazione e di record, dove tutti i viterbesi sono passati almeno una volta, sta vivendo un momento difficile, cruciale.
Perché l’impianto intitolato a Domenico Mancinelli (“Che ci ha insegnato ad amare lo sport con il cuore”, dice la targa all’ingresso della bella tribuna) soffre, logorato dal tempo e dall’usura. Non nelle strutture marginali – che sono passabili – ma nella pista di atletica, l’anello rosso che è insieme cuore e confini della galassia di discipline che si possono praticare qui. La pista è alla frutta, massacrata da sedici anni di utilizzo intensivo – quaranta manifestazioni l’anno, 35 mila utenti in dodici mesi, praticamente il riferimento per tutta la Tuscia – quando invece una pista normale, in una città normale, va rifatta o restaurata dopo dieci anni. Le corsie sono lise, scrostate, i numeri e le linee quasi cancellate: ci vuole immaginazione, per vedere se si invade il corridoio altrui, ma non ci vuole fantasia a pensare che su una pista così uno può anche farsi male. Per chi fa marcia – tacco punta, tacco punta, ripetuto all’infinito – è un vero supplizio: “In certi punti il piede mi scivola, devo fare molta fatica”, dice la giovane promessa Maria Vagnoni, che si allena questo pomeriggio come tutti i pomeriggi dell’anno, perché i cancelli qui sono sempre aperti, anche a Ferragosto.
“Se continua così dovremo trasferirci a Tarquinia, dopo oltre cent’anni di storia – ammette un po’ sconsolato e un po’ arrabbiato Sergio Burratti, il presidente provinciale della Federazione atletica, che ha anche la gestione dell’impianto – Eppure, basterebbe poco per far diventare il camposcuola un impianto di eccellenza a livello nazionale, e Viterbo un riferimento assoluto. Basterebbe rifare la pista, magari senza esagerare come hanno fatto a Rieti, dove hanno speso un milione e mezzo di euro. Qui con duecentomila euro si potrebbe rifare il fondo in colato, una soluzione che abbassa i costi e mantiene un buon livello prestazionale”. Centotrentamila euro dei quali già sarebbero stati accantonati dalla giunta Marini (con Muroni assessore ai Lavori pubblici), anche se poi va a capire se si troveranno ancora, nei meandri delle casse comunali. “Abbiamo parlato col Comune, diverse volte – spiega Burratti – Dicono di capire le nostre esigenze, ma poi in concreto non succede mai nulla. E’ frustrante andare avanti così”.
Già: qui ci si autofinanzia: da trenta a sessanta euro l’anno ciascuno come quota per pagare le spese vive, dalla manutenzione al resto. Ci sono le società (Zona Olimpica, Alto Lazio, quelle podistiche non affiliate), ci sono gli amatori, che arrivano la sera quando staccano dal lavoro -, ci sono i giovani e gli studenti, appena ieri mattina ce n’erano quattrocento, in campo, un delirio. In passato poi le soddisfazioni non sono mancate, coi meeting, i campionati italiani ospitati, i complimenti degli atleti stranieri in occasione della Città europa dello sport 2012: “Abbiamo un sistema di cronometraggio e fotofinish digitale all’avanguardia. Davamo i risultati in tempo reale. Peccato che la pista era già fregata”, ricorda Burratti. Fino al 2009 aveva retto bene, poi il crollo, a causa dell’utilizzo intensivo e dello scorrere inesorabile del tempo. “E sarà sempre peggio, anche perché ora si potrebbe rimediare coprendo il fondo attuale, mentre se le condizioni dovessero peggiorare e nessuno interverrà, bisognerà scavare sotto e rifare tutto”. Con costi e tempi che aumenterebbero di conseguenza. E tutta questa gente, Eleonora Schertel che salta verso il cielo, Maria Vagnoni che marcia, i ragazzi con la cresta, le ragazzine con le magliette di Caffeina, i bancari che corrono per abbattere lo stress, non possono mica stare fermi: lasciateli correre, e date loro una pista decente, da città che non ha alcuna velleità di ospitare le Olimpiadi, ma che vuole essere solo una città. Civile, e sportiva.
Un bel campo di patate potrebbe rappresentare una svolta per l’economia viterbicola. Meditate e patate, gente.