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Coppie di fatto: siamo alla proscrizione

Carla Vanni

Carla Vanni

Ma chi è questa signora Carla Vanni? Il Savonarola del terzo millennio? Quella che ha il Verbo in tasca e che ha potere di scomunica su chi la pensa diversamente da lei? E’ assolutamente raccapricciante – e sottolineo raccapricciante – la lettera (che trasuda rancore da tutti i pori) inviata ad alcuni organi di stampa, che riporta alla memoria i tempi della Santa Inquisizione, riguardante l’approvazione da parte del Comune del registro delle coppie di fatto.

Raccapricciante, sia per gli sproloqui che contiene, sia perché si conclude con una vera e propria lista di proscrizione, con tanto di nomi dei consiglieri comunali che hanno dato il loro voto favorevole al provvedimento. Meno male che non ne propone il rogo (come era da aspettarsi), bensì solo la condanna (senza condizionale) a non essere più votati.

Certo, in quella che ancora oggi viene chiamata la città dei Papi c’era da aspettarselo. Ma il livore della signora Vanni e del suo seguito (lei dice: migliaia di persone) su un provvedimento che include invece di discriminare è quanto di più retrivo possa esserci in una cultura che di civile non ha proprio nulla, ma che ricorda la Vandea, regione francese teatro di guerre di religione, nelle quali sia cattolici che protestanti si macchiarono di una moltitudine di stragi e saccheggi.

Ma quali sono le argomentazioni che la Savonarola del 2014 porta a sostegno della sua antistorica Crociata? In sostanza una sola: quella che loro sono in tanti e gli altri in pochi. Scrive infatti: “Moriremo, speriamo più in là, con alcune curiosità: prima fra tutte il numero delle firme raccolte da Arcilesbica. Davvero impresentabile, evidentemente, se ancora non lo si conosce o forse non lo conosciamo noi, che ben sapremmo comprendere anche gli zero virgola qualcosa. I nostri amministratori, evidentemente, ritengono che ci siano richieste di cittadini di serie A da evadere ed altre di cittadini di serie B che non meritano attenzione: noi lo andremo sicuramente a riferire alle persone che hanno firmato contro questo registro, ossia a quei 2.096 di serie B ( i nostri numeri si conoscono, forse perché sono nell’ordine delle migliaia)”.

E allora? Fossero stati anche un milione contro uno, sarebbe stato comunque giusto dare a tutti gli stessi diritti. Giacché alla signora Vanni (si potrebbe dire: tosta come il peperino viterbese) non vuole assolutamente entrare in testa un principio sacrosanto. E cioè che le istituzioni devono dare a tutti le stesse possibilità e che le diversità vanno rispettate. Sì, rispettate. E che a tutti va data la possibilità di scegliere, senza negare alcun diritto.

Lo hanno capito in Francia. Lo hanno capito in Gran Bretagna, dove addirittura i matrimoni gay sono equiparati in tutto e per tutto a quelli eterosessuali. E dove il premier David Cameron (che è un conservatore, pensate un po’) ha detto: «Non sarà più importante in Gran Bretagna sapere se sei eterosessuale o omosessuale. Lo Stato riconoscerà il rapporto nello stesso modo». Che facciamo, signora Vanni, lo scomunichiamo?

L’unica consolazione, in questa squallidissima e vomitevole vicenda, è che tra la signora Vanni e la Chiesa cattolica di oggi c’è una notevole differenza, dettata soprattutto da Papa Francesco. Che sta riportando in primo piano i principi del Vangelo e soprattutto il concetto: “Beati gli ultimi che saranno i primi”. Un messaggio di amore e di inclusione, come deve essere quello del cattolicesimo vero.

Capito, signora Vanni?

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2   Commenti

  1. Giorgio Molino ha detto:

    Santa Inquisizione, Vandea, Savonarola… Non scherziamo, caro Sassi, quella è, comunque la si giudichi a posteriori, Storia con la maiuscola, questa tale Carla Vanni può al massimo ambire a far parte della transeuntissima cronaca locale.

  2. Lucia Rapicano ha detto:

    Ormai è noto come sia diventata una sorta di MODA, parlar male o a sfavore del mondo LGBT. Più che altro perché porta a far parlare molto di se… si scatena il putiferio.
    Io non credo che la Sign.ra Vanni abbia mai avuto neanche la più lontana immaginazione di cosa significhi essere guardati con disprezzo e quindi, penso, voglia assaggiare parte di questo sentirsi emarginati, condannati.
    Io sono una donna, umana, lesbica, madre, compagna, figlia. E mi sento uguale a tutte le altre persone. Sono stata offesa e aggredita da un signore solo perché io e la mia compagna ferme ad una fermata dell’autobus ci siamo abbracciate perché faceva freddo e tirava vento.
    Eppure, non ammazziamo nessuno, non rubiamo, siamo una comune coppia che vive col terrore di non poter essere felice, perché essere felici significa essere allontanati.

    Sign.ra Vanni, con molto piacere avrei modo di dirle: non si affidi al suo intuito costruito sulla presunzione di sapere cosa sia giusto o sbagliato, e chi debba o meno essere emarginato.
    Io sono sempre più dell’idea che si debba vivere e crescere in un mondo fatto di solidarietà, di aiuti e di amore.
    Sono una donna con i problemi normali di tutti i giorni e di tutte le persone. Cerco un buon lavoro, abito da sola con la mia compagna e quindi capisce tutte le spese da affrontare, mia madre malata e mia sorella disoccupata, mille esami da fare, e pochissime amicizie vere.
    Perché questo estremo bisogno di regalarci altri insostenibili problemi ?

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