06122024Headline:

Imprese, speriamo che il jobs act…

lavoro piccole impreseHa promesso la rinascita come fosse un messia. Ha promesso che il Jobs Act sarà il rimedio dei rimedi. Lo ha promesso, Matteo Renzi. Certo è che se le promesse saziassero, gli italiani sarebbero satolli e, nel frattempo che attendiamo le svolte annunciate prendano corpo. Lo studio sul mercato del lavoro condotto da Confartigianato ci fa sperare che il giorno promesso sia vicino. 

Lo scorso anno l’Italia ha perso 478 mila occupati, con un andamento di circa 1.311 posti di lavoro in meno al giorno. Il numero dei disoccupati è aumentato di 369mila unità, pari al 13,4% in più in 1 anno e di questi 158 mila sono giovani under 35.

La drammaticità dell’istantanea scattata dal rapporto non ha bisogno di ulteriori commenti quanto, piuttosto, di interventi che modifichino i numeri registrati.Istruzione, formazione professionale, cuneo fiscale e ammortizzatori sociali: questi sono i punti guida sui quali focalizzare l’attenzione qualunque sia la ricetta contenuta nel Jobs Act è indispensabile che preveda azioni di intervento su questi aspetti.

Il costo del lavoro è il primo macigno che schiaccia l’occupazione italiana: per i 4.433.093 dipendenti delle micro e piccole imprese italiane fino a 50 addetti il cuneo fiscale costa 78.502 milioni. Ridurre il carico fiscale significa in primo luogo spalmare equamente oneri e aiuti su tutti i settori per impedire il tracollo di comparti già in emorragia. Il sistema formativo, da canto suo, è claudicante e grava sull’andamento occupazionale: la percentuale di under 25 che studiano e lavorano è pari al 2,8%, a fronte della media del 13,6% dei Paesi dell’Ue. Ai diplomati degli istituti tecnici e professionali corrisponde una situazione occupazionale migliore rispetto ai colleghi che hanno frequentato licei o hanno avuto un’istruzione magistrale e artistica. Se la crisi ostacola quanti cercano lavoro, il mastodontico sistema normativo non migliora certamente la situazione. Prendiamo per esempio l’apprendistato, tipologia di contratto a valenza formativa che nel 2013 ha consentito l’11,5% delle assunzioni effettuate dalle imprese artigiane, a fronte dell’8,7% di apprendisti assunti dal totale delle imprese. La vocazione dell’artigianato ad utilizzare l’apprendistato, però, è stata pesantemente compromessa dai maggiori costi e vincoli introdotti dalla riforma Fornero e dalle incertezze applicative provocate dalle tre riforme dell’apprendistato succedutesi nel triennio 2011-2013. Le assunzioni di apprendisti nell’artigianato, infatti, sono crollate del 33,8% tra il 2012 e il 2013, a fronte di una diminuzione del 16% per il totale delle imprese.

La semplicità di un sistema normativo che non scoraggi gli imprenditori ad assumere è importante tanto quanto l’alleggerimento del cuneo fiscale. Il mercato del lavoro deve essere più snello e offrire maggiori garanzie a chi assume e a chi viene assunto. L’occupazione può subire un forte rilancio se si evita di intervenire con le ennesime riforme di difficile implementazione che non fanno che ingarbugliare un sistema già sufficientemente annodato su se stesso.

In attesa che l’atteso Jobs Act prenda corpo, rivelando il frutto dell’intenso lavoro portato avanti da economisti e politologi guidati dal neopremier, la fantasia si lascia andare all’immagine di un sistema lavoro ideato per garantire l’occupazione e che offra ai giovani continuità e coerenza tra istruzione, formazione e assunzione; mentre per le imprese rappresenti un modello di semplificazione che faccia leva sulle necessità delle realtà attive sullo stivale.

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1 Commento

  1. Giorgio Molino ha detto:

    A Viterbo e provincia (sfogliare testate e siti di annunci per credere) vanno alla grande i Blow Jobs più che i Jobs Act.

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