“Non sparate su Raffaela (con una elle sola). Perché l’amministrazione comunale è una. E a capo c’è il sindaco, che rappresenta la sintesi. L’esecutivo deve condividere tutto quello che si fa. O si condivide tutto, o si fa un’altra cosa. Anzi, vanno condivise anche le azioni che non riguardano il proprio ramo (riferito agli assessori, ndr). Qui serve meno politica e ci vogliono più atti concreti. Giacché i tempi sono stretti. Il rodaggio è finito. E non bisogna buttare la croce addosso a nessuno. Anzi, è arrivato il momento di cambiare verso, pure a Viterbo”.
E’ un sindaco peperino in simil Matteo Renzi quello che decide di incontrare il cronista insieme all’assessora Raffaela (con una elle sola) dopo quell’articolaccio uscito domenica scorsa che la diretta interessata ha definito diffamatorio (ma secondo chi scrive l’aggettivo più appropriato sarebbe ”fortemente critico”). Giacché lei, architetto Saraconi, affettuosamente chiamata la sora Lella, ha un pedigreé di tutto rispetto (e chi l’ha mai messo in dubbio?) e lavora in perfetta sintonia col sindaco, col resto dell’esecutivo e perfino coi dirigenti (e, ovviamente, va creduta fino a prova contraria). Vabbé. E allora, per ristabilire la verità dei fatti fortemente artefatta dall’articolo incriminato, ecco la verità secondo Leonardo e secondo Raffaela (con una elle sola).
Partendo dal famigerato cimitero di Grotte Santo Stefano. Vicenda nella quale s’è arrivati a decidere in zona Cesarini solo ed esclusivamente perché mancavano i dati sulle tumulazioni e sulle cremazioni che avrebbe dovuto fornire la ditta detentrice dell’appalto (che poi è la stessa che ha presentato l’altrettanto famigerato project financing). Una volta che i dati sono arrivati, e che s’è valutata sulla base di cifre concrete la disomogeneità del progetto (800 mila euro di investimento a fronte di una rendita venticinquennale di circa 25 milioni di euro), s’è decisa la revoca. All’ultimo momento. Con una procedura (revoca diretta, poi revocata giacché il segretario generale – leggendosi leggi e regolamenti – ha scoperto che non era quello l’iter da seguire) modificata sempre all’ultimo momento. E ora bisognerà aspettare per capire se il Comune dovrà pagare dazio (risarcire cioè la ditta che ha presentato il project). Michelini ha assolto in toto la sua assessora. Bene. Allora, dal momento che qualche problemuccio c’è stato, è giusto dire che eventuali responsabilità sono soprattutto sue.
E la cavea di valle Faul? A Raffaela (con una elle sola) non piace perché “la valle Faul deve essere come il Circo Massimo a Roma. Va restituita alla valle la sua integrità paesaggistica”. E se lo dice una che ha lavorato con Renzo Piano, chi ne dubita è un gaglioffo. Detto questo, sindaco e assessora svelano il mistero di cosa si farà con i soldi risparmiati. Si acquisirà il relitto della chiesa di Santa Croce e si metterà in sicurezza, mentre ai proprietari del rudere (gli eredi Checchia) saranno dati in permuta alcuni locali di proprietà comunale (sembra in via Marconi).
Infine, il parcheggio delle Pietrare. “Ho fatto tutto quello che dovevo fare – dice Raffaela (con una elle sola) – e adesso spetta al Patrimonio fare il resto. Io ho detto che è tutto nelle mani del dottor Fioramanti non per fare scaricabarile”. All’osservazione che al cittadino frega poco dei passaggi burocratici e che comunque è singolare che un parcheggio, terminato da mesi, ancora non sia fruibile dal pubblico, Leonardo Michelini taglia corto: ”Aprirà in una settimana”. Attento sindaco, che se poi non è vero saremo autorizzati a chiamarti Pinocchio.
Pistolotto finale del primo cittadino: “Gli assessori devono rispondere a un progetto di città che è alla base di questo mandato. E devono portare a casa i risultati nelle cose per le quali ci stiamo impegnando. Condividendo l’intero programma. Chi non lo fa è fuori”.
E, alla domanda se ce l’avesse particolarmente con qualcuno, la risposta è stata: “con tutti” (ma non è stata molto convincente).
La Sòla (non è un refuso) Lella, più intelligente che bella, se ne ritorni, o continui, a lavorare sotto la marcocciana cappella.
Articolo fatto solo di insulti senza concretezza degno solo di giornalismo di serie C.
A ciascuno le sue danze e le sue giravolte, caro Biagini.