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La Viterbese, gli agnelli e la porchetta

Attilio Gregori

Attilio Gregori

Una Pasqua così tranquilla erano anni. Già, questi di solito erano giorni bui per il calcio viterbese. Un anno fa, con la Gialloblu in agonia, dirigenti latitanti, politici arroganti – si era in piena campagna elettorale – che promettevano di salvare tutto e che alla fine non salvarono niente, tifosi che mettevano mano al portafogli per pagare vitto e alloggio ai giocatori. E prima ancora, nelle stagioni precedenti, questo era il periodo della consapevolezza: Viterbese neanche qualificata ai playoff, si prospettava l’ennesima estate lunga e tormentata, mentre nel resto d’Italia le squadre lottavano per un traguardo.
Oggi invece è una Pasqua dolcissima. Vissuta da primi della classe, con quel pizzico di arroganza che la piazza si merita, dopo anni di pesci in faccia e prese in giro. Per una volta quelli forti sono i leoni, e dispiace per chi rosica, per chi s’indigna, per chi ancora ci crede. Non c’è trippa per gatti, semmai manzo per leoni: a quattro giornate dal termine è questione di tempo e pazienza, per rispolverare quelle porchette da troppo tempo finite in soffitta.
L’epica rimonta di Soriano ha dimostrato che la Viterbese è pronta a vincere. Finalmente. Dopo una stagione in cui i dubbi non erano mancati: “Questa squadra non ha le palle”, “Per trionfare in Eccellenza bisogna giocare sporco, mica ricamare”, “I Camilli mettono troppa pressione dentro e fuori gli spogliatoi”. Fantasmi che avevano preso vita quasi definitivamente dopo la disfatta di Frascati, nella finale di Coppa Italia perduta contro una squadretta della campagna romana, e poi dopo il controsorpasso del Rieti. Ma erano tutte balle.
E’ bastato l’arrivo di un allenatore “normale”, senza manìe di protagonismo né interessi corporativi, per rimettere a posto le cose, e i valori tecnici. Già, questo Attilio Gregori dovrebbe godere di maggiore considerazione: è uno che parla poco, fa scelte tattiche di buonsenso e non troppo complicate, e ha anche quella giusta dose di fortuna che non guasta mai. Oltretutto: riesce con naturalezza in un ruolo – quello di allenatore di una squadra di Camilli – dove hanno fallito anche i colleghi più celebrato, da Allegri a Giannini a Moriero.

L'abbraccio tra squadra e tifosi a Soriano

L’abbraccio tra squadra e tifosi a Soriano

Poi naturalmente c’è il materiale umano, merce di prima qualità – e si sapeva – ma anche piuttosto disponibile a calarsi nella mentalità dell’Eccellenza, tranne qualche rara eccezione. Da Vegnaduzzo a Giannone, dal leader Federici al provvidenziale Polani fino a Pero Nullo, nessuno gioca con la puzza sotto il naso, e questo è bello da vedere e utile ai fini dell’Obiettivo finale. In più, ecco un ambiente che ha ritrovato la gioia di vivere (il calcio), di sostenere i colori fino alla fine, di crederci. Un ottimismo di fondo che ha scalzato quel pessimismo che, fino ad un anno fa, era – insieme all’autolesionismo alla Tafazzi – la specialità della casa. Merito della famiglia Camilli, certo, che ci ha messo competenza, entusiasmo e soprattutto quattrini (“Avete speso un milione pe’ sta squadra”, ha gridato domenica un scorsa un tifoso sorianese evidentemente poco ferrato in economia aziendale). Il presidente Vincenzo è pronto a guardare oltre, più su e ancora più in alto.
Ma prima c’è da chiudere la pratica. Dopo la pausa per le feste, arriverà il Cerveteri, squadra che deve salvarsi e che è guidata da quello Stefano Di Chiara che ha qualche conto da regolare con Viterbo (e viceversa), dove è stato allenatore ai tempi della retrocessione in serie D. Poi, il 1 maggio, si va a Rieti, nella speranza che la trasferta/scampagnata non sia vietata per ragioni di ordine pubblico. Quindi, ancora al Rocchi, per un altro derby dal sapore antico, col Civitavecchia: una data che potrebbe tornare ad essere scritta in caratteri dorati nella storia gialloblu. Ultima tappa a Villanova, quando però potrebbe essere tutto a posto. Nell’attesa, i tifosi si godano gli agnelli della migliore Pasqua della loro vita, prima di assaggiare la Porchetta della Vittoria.

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