Per la fruizione, accoglienza e la vigilanza la Soprintendenza dell’Etruria meridionale nel territorio della Provincia di Viterbo dispone di 129 operatori per la fruizione, accoglienza e vigilanza (spesso con reperibilità e turni da coprire h24), a questi vanno aggiunti circa 30 tra dirigenti, responsabili e tecnici.
Le aree ed i musei archeologici sono fra i più importanti al mondo e sono:
Tarquinia – Museo archeologico e Necropoli
Civita Castellana – Museo archeologico dell’Agro falisco – Forte Sangallo
Tuscania – Museo archeologico
Viterbo – Museo Nazionale Etrusco – Rocca Albornoz
Vulci – Museo archeologico Nazionale
Sutri – Area archeologica
Se questo patrimonio viene gestito e amministrato bene verifichiamolo. Verifichiamo magari se il personale viene utilizzato al meglio (a proposito il tasso medio di presenza del personale “dell’etruria meridionale” è del 94% circa contro il 75% dei dipendenti del comune di Roma). Verifichiamo se i dirigenti ed i responsabili fanno il loro dovere o possano, strumenti permettendo, fare meglio per aumentare l’attrattività e dunque la redditività dei siti. Ma evitiamo, in questo come in altri casi di ”buttare l’acqua sporca insieme al bambino”.
In totale, dunque, su tutto il patrimonio archeologico del Viterbese vigilano e lavorano circa 160 dipendenti. Ben poca cosa rispetto al gigante centrale romano del MIBACT che impiega circa 4.281 persone intorno a una cinquantina di soprintendenze, direzioni generali e altre poltrone di riguardo (dati de “L’Espresso – aprile 2014).
Che il Ministero sia in declino lo dicono non solo i debiti accumulati, circa 20,9 milioni di euro nel 2011 ma anche la scarsità delle risorse da impiegare per la manutenzione ordinaria di opere e monumenti ( -131 milioni di euro tra il 2002 e il 2012). E’ sacrosanto pensare di risanare e rilanciare un Ministero così importante per il nostro Paese, ma con quali finalità si appresta a farlo il Governo?
La domanda da porsi è se la “riforma” Franceschini riguardante il MIBACT (ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo) migliorerà l’utilizzo, la fruizione, la redditività di questi beni che sono considerati da sempre una risorsa ( poco sfruttata per la verità) per la nostra Provincia.
Con la motivazione della “revisione della spesa” e della lotta agli sprechi, spesso si cerca di far passare una linea di “accentramento” e “annessione” delle aree deboli verso le aree più forti, senza verificare effettivamente dove si annidano gli sprechi ed i privilegi di questo o quell’altro territorio, con il solo scopo di “rastrellare” risorse, senza verificare se ci saranno o no dei risparmi.
I territori liimitrofi all’area romana hanno sicuramente ricevuto alcuni benefici, per la verità pochi, se pensiamo al pendolarismo lavorativo, ma sempre più spesso pagando dazi enormi alla propria autonomia culturale e di gestione del territorio, sia in termini ambientali che economici.
Anche nella vicenda della soppressione della sovrintendenza archeologica dell’Etruria meridionale sembra che l’obiettivo non sia tanto quello di razionalizzare le spese e garantire un miglior governo del patrimonio pubblico ma quello di garantire una gestione molto “accentrata” (romanocentrica) delle risorse a scapito dei territori più deboli.
Roma e Provincia stanno accumulando ormai tante criticità e problemi di ogni natura che rischiano di fagocitare le potenzialità che le provincie e i territori esterni all’Area Romana potrebbero avere, determinando un impoverimento sociale, ambientale ed economico.
Non è un caso che anche a Civitavecchia i cittadini si stiano interrogando sul loro futuro in merito alla costituzione dell’area metropolitana romana e che sia più logico pensare a costituire un’area vasta del Lazio Nord piuttosto che essere “annessi” a Roma.
In questa vicenda, così come in tante altre che riguardano le riforme ed i necessari cambiamenti, vale il principio, secondo noi, che le scelte importanti vanno sempre discusse e condivise, mai imposte.