08052024Headline:

I rifiuti delle mucche diventano energia

All'Ipa un impianto tecnologico all'avanguardia che tutela l'ambiente

Il biodigestore utilizzato dall'Ipa di Nepi: trafsorma le deiezioni bovine in energia elettrica

Il biodigestore utilizzato dall’Ipa di Nepi: trafsorma le deiezioni bovine in energia elettrica

Utilizzare le deiezioni bovine e il gas metano emesso dalle mucche per produrre energia elettrica. Ecco che cosa si fa all’Ipa, acronimo di Industria prodotti agroalimentari, marchio un po’ anonimo ma sicuramente meglio conosciuto con il nome di Latte di Nepi. E la famiglia Bruni, proprio per quanto  è stata capace di realizzare nello stabilimento di Rio Vicano, ha ricevuto il premio Un bosco per Kyoto (presidente del Comitato è la professoressa Anna Maria Fausto, pro rettore dell’Università della Tuscia), destinato appunto ad un’azienda che “dal seme al latte fino alla produzione di energia – si legge nella motivazione – ha limitato sostanzialmente di immettere gas serra in atmosfera”. Oltre a ciò l’Ipa è stata riconosciuta meritevole del riconoscimento perché di fatto ha bandito gli ogm dalla produzione di foraggio e il terreno adibito alla coltivazione è trattato con sistemi di agricoltura ecocompatibile. Insomma un’azienda totalmente verde.

“Ancora oggi – racconta Enrico Bruni che ha ricevuto materialmente il riconoscimento durante una cerimonia in Campidoglio – sono emozionato. E’ stato un momento bellissimo, che peraltro si ripeterà tra qualche giorno a  Cremona quando riceveremo un altro premio per l’innovazione in campo agricolo”.

Sono 1200 i capi bovini dell'azienda di Nepi: la seconda stalla del Lazio

Sono 1200 i capi bovini dell’Ipa: la seconda stalla del Lazio

Vale la pena ripercorrere la storia dell’Ipa e del suo radicato insediamento nel territorio nepesino. “Tutto nasce da un hobby di mio padre – spiega il dottor Bruni, la cui famiglia è originaria di Oriolo Romano -. Prima l’azienda agricola e poi lo stabilimento che adesso abbiamo deciso di trasferire all’interno dei nostri terreni a Rio Vicano. Ci lavoro io, mio fratello Aldo che è veterinario, i miei figli Michele e Lorenzo che sono ingegneri gestionali. Appena termineranno gli studi entreranno in azienda anche i miei nipoti. Io sono laureato in giurisprudenza e ho lavorato una decina d’anni al nord alla Polenghi Lombardo dove ho potuto farmi una buona esperienza poi messa a frutto qui nella Tuscia. Con noi una trentina di dipendenti”.

Dunque, si comincia dall’allevamento (“Abbiamo 1200 capi: la seconda stalla del Lazio”) e il passaggio alla trasformazione del latte è quasi naturale:  “A parte i nostri prodotti col marchio Latte di Nepi, siamo fornitori di diverse grandi catene distributive (Eurospin, Dico, Todi’s) che assorbono il 75% della nostra produzione. Appena sarà completato il nuovo stabilimento, con tutte le linee produttive attive, l’intenzione è di incrementare sia in zona che fuori la presenza con il nostro marchio. Va detto, e voglio sottolinearlo, che utilizziamo latte prodotto da noi o comunque in zona: tutto controllato e tutto rigorosamente green. Non solo latte, ma anche mozzarelle, yogurt, panna, ricotta”.

Latte di Nepi, il marchio più conosciuto dell'Ipa

Latte di Nepi, il marchio più conosciuto dell’Ipa

Il grande salto di qualità dal punto di vista ecologico arriva con l’utilizzazione del letame bovino e del metano (gas serra 22 volte più inquinante dell’anidride carbonica) per produrre energia elettrica. “Tutto nasce dall’esigenza pratica di smaltire le deiezioni delle mucche – sottolinea Enrico Bruni -. Mio fratello ha girato il Nord Europa e soprattutto la Germania, dove impianti di questo genere sono comuni, e alla fine tre anni fa circa abbiamo deciso per un investimento consistente. Un investimento che sicuramente ha una notevole valenza ambientale, ma ha anche aspetti economici non trascurabili. Intanto non compriamo più energia elettrica e, nel giro di 6 anni, quando cioè avremo ammortizzato la spesa iniziale, ci sarà anche da guadagnare”.

Ma come funziona l’impianto? “Le deiezioni degli animali vengono raccolte in vasconi e convogliate in un impianto di digestione dove, attraverso un processo nemmeno molto complicato, tutto viene trasformato in metano che poi viene utilizzato per mandare avanti i motori che producono energia elettrica. E nel digestore ci finiscono anche scarti di lavorazione agricola non solo nostri ma anche dell’ortofrutta di Tarquinia. Tutto qui”. A dirla così sembra facilissimo e normalissimo, ma bisognava pensarci e metterlo in pratica.

Il latte e i prodotti derivati dell'Ipa della famiglia Bruni

Il latte e i prodotti derivati dell’Ipa della famiglia Bruni

E la crisi? “Il nostro è un prodotto ‘povero’ ma il latte è un alimento essenziale e quindi l’abbiamo avvertita un po’ meno. Certo risentiamo del calo generale dei consumi: le grandi catene distributive che viaggiavano con incrementi a due cifre, l’anno scorso si sono fermate al 6-7% in più. Non è poco, ma è chiaro che l’auspicio per tutti è che si torni a spendere con maggiore disponibilità”.

“Con orgoglio – conclude Enrico Bruni – dico che siamo diventati un punto di riferimento per le nostre tecniche innovative e sostenibili dal punto di vista ambientale. Tanto che stiamo portando avanti progetti didattici per far conoscere l’azienda e il nostro biogas”.

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