Non chiamatelo suk, perché il suk ha il suo fascino, e non soltanto esotico: c’è storia, c’è il lavoro dei popoli, ci sono colori e odori. No, questo di sabato mattina al Sacrario è soltanto un mercato in decadenza, dall’utilità discutibile e dallo spettacolo di cattivo gusto. Basta farsi un giro per rendersene conto.
Intanto, il posto. La piazza è bella, centrale, baciata dal sole. Perché riempirla – seppure una volta a settimana – di bancarelle che non hanno alcun rispetto del cosiddetto “ornato”? Quando poi sarà finita anche la pensilina del Plus, che ospiterà l’urban center pieno di tecnologia e che diventerà la vetrina della città, l’effetto contraddizione sarà completo. Per questo il Comune vorrebbe spostare tutto altrove, e ne parleremo in seguito.
Nel frattempo, però, tocca sopportarci questo mercato qui. E non è bello. Non si tratta di snobismo, perché lo scempio è oggettivo. Ci si infila tra le bancarelle e subito spicca un dato di fatto: la maggior parte degli ambulanti vende vestiti. Tutto a due euro, tutto a cinque euro, tutto dieci euro (ma è roba di lusso). Abiti non d’alta moda, ma che si possono trovare in qualsiasi magazzino sotto casa, e basta guardare l’etichetta e non stupirsi del fatto che siano made in China. Altra scommessa: il prezzo non è troppo diverso tra negozio e banco.
Vestiti, vestiti e ancora vestiti, allora. Qualcuno vende calzature – scarpe, pantofole, zoccoli – e si vede che sono quei commercianti storici, che vengono da anni. Lo stesso discorso vale per la ferramenta: attrezzi da lavoro e per il bricolage. C’è chi vende fiori veri e chi fiori finti. E i prodotti per la casa. Basta: nessun banco di alimentari, neanche uno straccio di porchettaro (e dire che i porchettari ormai si trovano anche fuori dal cimitero). Ma per le cibarie c’è il mercato quotidiano, durante la settimana, a piazza San Faustino: variopinto.
Ma nel quadretto desolante non può mancare la nota ancora più stonata, che è quella dell’abusivismo. Se ne stanno sul lato verso via di Valle Piatta, pronti a raccogliere i teli che usano per esporre la mercanzia qualora dovesse arrivare un controllo. E in effetti i controlli non mancano: appena due settimane fa gli agenti della polizia locale hanno sequestrato una trentina di prodotti contraffatti. Ma nonostante l’impegno (encomiabile) delle forze dell’ordine, il traffico continua. Dagli extracomunitari si può comprare un paio di scarpe americane col baffo (sicuramente originalissime) o una borsa di Prada. Sempre rimbalzando gli sguardi indagatori dei venditori e delle vedette che fanno la posta.
Tutto qui (si fa per dire). Si esce dal labirinto di banchi per andare a mangiare un pezzo di pizza e ci si chiede se valga ancora la pena ospitare – sopportare – questo teatrino. La speranza sta nel Comune, che già con l’assessore Alvaro Ricci e con l’assessore Barelli intende dare una svolta alla situazione. Intanto, logisticamente, col trasloco a via Marconi o, più probabilmente, nella rinnovata Valle Faul del dopo Plus. E poi rivedendo le licenze agli ambulanti, approfittando delle scadenze e ragionando sulle famigerate “categorie merceologiche”. Magari per dare spazio ai prodotti tipici, all’artigianato e cercando di fare un minimo di selezione a questa paccottiglia che oggi abbiamo sotto gli occhi. Perché c’è mercato e mercato, c’è suk e suk,