13122024Headline:

Talete è finita: c’è Acea dietro l’angolo

Riflessioni e considerazioni di varia umanità sorseggiando il caffè della domenica

savino nicolaDunque, il bilancio di Talete così com’è non va bene: servono approfondimenti e chiarimenti. Cosa ci sia da chiarire e approfondire ulteriormente non si capisce bene perché le cifre sono lì e non hanno certo bisogno di altre spiegazioni. Manca il parere del collegio dei revisori dei conti che non ha detto né sì né no: ha riconosciuto che il documento contabile è stato redatto secondo quanto prescrive la legge, ha sollevato alcune obiezioni su alcune poste (i debiti vantata dalla società idrica verso i comuni di Civita Castellana e Viterbo) e si è sostanzialmente tirato fuori. E invece i sindaci, all’unanimità, vogliono altri particolari: dallo stesso consiglio di amministrazione, dagli stessi controllori e persino dall’Ato, il cui presidente per inciso è lo stesso  che ha chiesto il rinvio e una nuova assemblea. Insomma, Mazzola chiede un parere a se stesso…

A questo punto, la partita diventa esclusivamente politica. Che deve metterci la faccia e, se necessario, anche sporcarsi le mani. Come e più di quanto sia avvenuto finora. Se Talete si trova in questa situazione di decozione, di chi è la colpa? Non certo dei cittadini che pagano bollette salate e spesso – come è avvenuto per diverso tempo – anche per avere dai rubinetti acqua non potabile. A proposito, da gennaio 2015 chi si occuperà della gestione dei dearsenificatori che costa un bel pacchetto di milioni di euro? Boh… Si vedrà. La società di gestione totalmente pubblica si è rivelata un autentico fallimento, che va equamente ripartito fra tutti. A 360 gradi e senza distinzione di sorta.

Che cosa accadrà è presto detto. Considerata la massa di debiti e l’ormai insignificante capitale sociale; considerato che i soci (i comuni) non hanno nessuna possibilità di ricapitalizzare (come avverrebbe in una qualsiasi altra società); considerato che comunque si tratta di un servizio essenziale che non può essere in alcun modo interrotto; considerato che la Regione è il convitato di pietra ogniqualvolta si parla di questa spinosissima questione, allora non resta che una sola opzione: affidare la gestione ad un privato. Che dovrà assumersi oneri e onori: intanto garantire il posto di lavoro a 153 persone, poi farsi carico della montagna di debiti sino a qui accumulata, quindi stilare un piano industriale credibile e a lunga scadenza che preveda investimenti e migliorie, oltre che naturalmente un graduale rientro dalle pendenza. La soluzione è dietro l’angolo e si chiama Acea. Inutile girarci intorno. L’acqua è un bene pubblico e su questo non si discute; la gestione è tutt’altra faccenda e va affidata ad esperti. Con i dovuti controlli e con i necessari contrappesi, la strada è questa e passa attraverso la nascita dell’Ato unico regionale che metta termine all’attuale giungla che vede operativi in questo momento non meno di un centinaio di gestori: grandi e piccoli, medi e piccolissimi. E comunque fare peggio di quanto è avvenuto finora è decisamente impossibile, anche volendolo.

Un ultimo consiglio, non richiesto, all’attuale presidente Stefano Bonori (al quale va riconosciuto comunque di averci messo cuore e anima per cercare di tenere in piedi la baracca attraverso una dura e onesta azione di chiarezza): si dimetta il prima possibile, prima che siano altri ad obbligarlo a farlo. Il commissariamento è già avvenuto. Nei fatti e negli atti.

Buona domenica.

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