Ho letto le diatribe sul tema dei rapporti tra il Sodalizio dei facchini di santa rosa ed il Comune di Viterbo.
Non entro nel merito delle questioni, ma sottolineo il fatto che spesso, per stessa ammissione dei facchini la presenza dei politici era dettata a volte, anche se non sempre, da talune sensibilità elettorali e questo a discapito del valore religioso del trasporto della Macchina di Santa Rosa.
Ho sentito il presidente Massimo Mecarini parlare del Sodalizio dei facchini come di una “comunità” e sicuramente per come è composta “rappresenta” una comunità. Tra i facchini ci sono ragazzi, lavoratori, impiegati, dirigenti, imprenditori, figli di imprenditori, professionisti, pensionati e forse qualche disoccupato o lavoratore in crisi economica e familiare. Una rappresentanza completa della nostra società e del mondo del lavoro che vive oggi una crisi economica, sociale e morale senza precedenti.
Proprio perché siete la rappresentanza di una comunità, vi chiedo di portare con voi un segno di questa vostra appartenenza.
Un segno di preoccupazione, per il destino dei tanti giovani e lavoratori che la crisi ha spinto ai margini della comunità e che non riescono a vedere un segno di speranza. Ma anche un segnale di rinascita, rinascita dei valori che uniscono una comunità che sono la solidarietà e l’inclusione, la dignità e il rispetto, l’impegno, la passione e la partecipazione nel voler cambiare il proprio destino e quello di chi ti sta accanto soprattutto se questi se la passano male.
Questo per me, da laico, significa “comunità” e vi chiedo di rappresentarla, non solo per chi sta bene ma anche e soprattutto per chi sta male. Da “fedeli” avrete il privilegio di poter rappresentare, durante il trasporto, anche la speranza di questa “comunità” per un futuro migliore, che va costruito insieme.
Non volete politici accanto a voi e questo può essere legittimo, ma portate con voi, nel cuore e nella testa (magari con un piccolo segno sul petto), la speranza di un futuro migliore per i tanti giovani e lavoratori, pensionati e disoccupati che oggi si trovano ad affrontare non per colpa loro, e spesso da soli, una crisi violenta e dura che rischia di spazzare via per sempre ogni “comunità”.