25042024Headline:

Labirinto, resta accesa la luce della Memoria

Valentini (Pd): "Una testimonianza e una riflessione sulla Shoa"

Il vagone del 1935 simbolo del progetto "Labirinto della Memoria"

Il vagone del 1935 simbolo del progetto “Labirinto della Memoria”

Una giornata importante per la crescita culturale del territorio. Due importantissime sentinelle che da oggi hanno il compito di contribuire a rappresentare nella Tuscia la memoria della Shoah, il più grande crimine che un intero continente ha pensato, organizzato e messo in atto in pochissimo tempo.  Il progetto “Labirinto della Memoria” prevede l’installazione di un vagone ferroviario del 1935 (simile a quello utilizzato per il trasporto degli ebrei e delle altre vittime dell’ideologia nazifascista verso i campi di sterminio) e la realizzazione di un labirinto, con piante di alloro, al cui interno saranno posizionati pannelli e immagini per condurre il visitatore alla riflessione, al raccoglimento e alla elaborazione interiore. Un progetto che punta ad offrire a tutta la comunità un luogo della memoria della Shoah, per conoscere, non dimenticare e tramandare. Per concorrere alla crescita formativa e umana di quanti visiteranno il monumento, soprattutto delle nuove generazioni, aprire un dibattito sul tema della memoria dello sterminio perpetrato durante la Seconda Guerra Mondiale nei confronti della popolazione ebraica e di altri gruppi discriminati, avviare percorsi di approfondimento sul tema degli olocausti in corso nel mondo e costruire una rete con le istituzioni, le scuole, le università e le comunità ebraiche.

Lo sterminio scientifico e sistematico di 12 milioni di persone, di cui 6 milioni di ebrei, nel bel mezzo del XX secolo, in un’epoca che è ancora la nostra dove ciò che è stato potrebbe tranquillamente ripetersi. Per questo la memoria, il bisogno che quanto accaduto – e che, pure sotto altre forme, potrebbe di nuovo accadere – non accada mai più. Il “labirinto” che costringere uomini e donne a fare i conti con se stessi, con tutto ciò che sono stati e ciò che non devono più in alcun modo essere. Il “labirinto” che esprime anche la complessità della democrazia e il rischio di perdersi, smarrire la strada e dover ricominciare tutto daccapo. Una riflessione introspettiva che ci interroga – dinanzi a nuovi movimenti di popoli – non solo sulla testimonianza della Shoah, ma anche  sulla sua stessa genesi e sulla struttura e le forme del consenso e delle complicità che l’hanno accompagnata.

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