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Contro la guerra al latino di Papa Francesco a Roma spuntano manifesti

Si estende la "protesta" dei cattolici

Redazione

Roma,29.3.23

Attorno al Vaticano sono comparsi manifesti a tutta grandezza che fanno conoscere ai più il malessere dei cattolici apostolici romani alle recenti disposizioni pontificie bergogliane che bandiscono i latino dalla celebrazione della Santa Messa ed anche di altre liturgie.

Il timore è che, con prossimo suo Motu proprio, il latino venga non solo, come già di fatto proibito, ma eliminato.

Incredibile ed inutile questi provvedimenti di “modernizzazione” della Chiesa cattolica, che cosi rinuncia ad una sua specifica un’universalità: l’uso di una lingua mondiale.

Le grandi religioni monoteiste: ebraismo e l’islamismo non hanno mutato di una virgola la loro originaria lingua. Gli ebrei, nostri fratelli maggiori usano pregare ancora oggi la lingua dei loro padri da 5000 anni, altrettanto le Sure di Maometto scritte nel VII° secolo in arabo antico, non hanno mutato in alcunchè.

Il perchè il Papa argentino, venuto dalla fine del mondo, intende far praticare ai fedeli cose fuori dal mondo, non si capisce.

Ecco cosa accade. e che cosa si scrive sui grandi media.

La guerra del latino si arricchisce di una nuova puntata: stavolta riguarda una regolare campagna di manifesti spuntati nottetempo attorno alla zona del Vaticano . Di fatto ha dato il via ad una vibrata protesta per impedire l’abolizione totale del rito ‘antico’ che prevede l’uso della lingua latina a messa, una liturgia tradizionale approvata e consentita dai precedenti pontefici ma praticamente messa al bando (quasi totalmente) da Papa Francesco.

«Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso» si legge in uno dei tanti manifesti che cita una frase di Benedetto XVI. Gli organizzatori di questa iniziativa – per il momento circoscritta a Roma – è di far emergere la crescente ostilità da parte dell’attuale pontificato nei confronti della liturgia tradizionale che non troverebbe giustificazione né sul piano teologico, né su quello pastorale. «Le comunità che celebrano secondo il Messale del 1962 non sono ribelli alla Chiesa; al contrario, benedette da una costante crescita di fedeli e di vocazioni sacerdotali, costituiscono un esempio di salda perseveranza nella fede e nell’unità cattoliche, in un mondo sempre più insensibile al Vangelo, e in un tessuto ecclesiale sempre più cedevole a pulsioni disgregatrici» afferma il comitato di promotori che raggruppa diverse realtà cattoliche (come i blog Messainlatinoe Campari & de Maistre, e le associazioni Coordinamento Nazionale del Summorum Pontificum e Associazione San Michele Arcangelo). 

«L’atteggiamento di rifiuto con cui i pastori sono oggi costretti a subire non è solo motivo di acerbo dolore, ma costituisce anche una grave ingiustizia, davanti alla quale la carità stessa impone di non tacere» aggiungono ancora gli organizzatori dell’affissione. Un altro manifesto collocato sempre vicino a zona Borgo Pio recita: «un silenzio inopportuno lascia in una condizione falsa coloro che potevano evitarla» (San Gregorio Magno). 

Un altro aspetto sollevato dalla protesta è la difficoltà degli aficionados della messa in latino ad essere accettati in una Chiesa che promuove come un mantra «l’ascolto, l’accoglienza e l’inclusione e la comunione ecclesiale con metodo sinodale» salvo poi perseguitare la minoranza dei tradizionalisti. I manifesti romani vogliono mettere in luce che esiste anche un piccolo gregge di fedeli composti da preti, famiglie, giovani che non vuole vedere soffocata la voce tradizionale ma accolta «e tenuta nella giusta considerazione. Chi va alla Messa in latino non è un fedele di serie B, né un deviante da rieducare o una zavorra di cui liberarsi».

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