29032024Headline:

Viterbese, una grazia per Graziani

Carlo Graziani

Carlo Graziani

A Blera ci deve essere qualcosa nell’acqua, o nell’aria. Perché da questo paesone dell’Alta Tuscia escono fuori uomini di calcio come funghi. Il primo fu Angelo Peruzzi, campione del mondo, fenomeno tra i pali, esempio da seguire per migliaia di ragazzini in  tutto il mondo. Poi è arrivato lui, Carlo Graziani. Come chi? Graziani, no, non Ciccio, l’attaccante pelato che a Roma ancora ricordano per quel rigore sbagliato nella finale della Coppa dei Campioni contro il Liverpool. E nemmeno quel Graziani, Rodolfo, generale e governatore della Libia bel suol d’amore (Canta Battiato: ‘’Lo sai, che quell’idiota di Graziani, farà una brutta fineeeeee’’),  Carlo Graziani è il presidente della Viterbese, o forse l’ex, perché dice che lunedì scorso abbia rassegnato le dimissioni da questa illustre carica. Lo ha fatto affidandosi ad un lungo e commovente comunicato stampa, che qui non riportiamo per intero anche solo per rispetto del fegato dei lettori. E però, almeno l’incomincio merita il copia incolla. Eccolo: ‘’Problemi familiari impongono la mia presenza fissa e costante e non mi permettono di dedicare alla squadra il tempo e le energie necessarie.  E’ per questo che mio malgrado devo recedere dalla carica di Presidente della Viterbese’’. Facciamo tutti un bel respiro, sottolineando che le maiuscole sono nell’originale.

Se fosse tutto qui, sarebbe a posto. I motivi familiari, quel verbo vagamente romantico – recedere -, tutto molto bello. Invece poi, col passare del tempo e delle interviste, ecco che i problemi familiari del presidente (o ex, fate vobis), si stingono fino quasi a scomparire. E scappano fuori altre ragioni dietro alle dimissioni, ragioni di soldi. Il nostro Graziani dirà in seguito: abbiamo sforato il budget, sono arrivate altre cose da pagare, l’imprenditoria viterbese non ci ha sostenuto in questa avventura. Robe così. Insomma, faccende molto meno nobili dei ‘’motivi familiari’’ della prima ora.

Alla fine, insomma, la parabola dell’imprenditore di Blera diventa simile alle storie di tanti altri presidenti che si sono alternati nella stanza dei bottoni di via della Palazzina. Gente come Omar Enrique Sivori, detto El Cabezòn, o come Fabrizietto Capucci, o come Andrea Pecorelli, o ancora Lamberto Maggini: tutti patron che si sono dovuti arrendere alla spietata legge dei quattrini (o meglio: della mancanza di).

Adesso la speranza è che dopo questa manfrina, le dimissioni possano rientrare. Ed esiste un solo modo per farlo: aiutare la Viterbese a trovare i soldi che le mancano per sistemare i conti. Il sindaco Marini, più reattivo di un giaguaro, si è già mosso per cercare aiuti. Il mondo imprenditoriale è in subbuglio. I tifosi pensano ad una sottoscrizione popolare, una raccolta fondi o, se volete, una colletta. Come quella che invocò negli anni ’70 il compianto Enrico Rocchi al teatro dell’Unione, o il suo ancor più famoso collega Francesco Marini Dettina, presidente della Roma degli anni ’60, nel più celebre teatro Sistina.

Comunque sia, dovrebbero bastare settantamila euri, secondo l’ex presidente, anche se i soliti stronzi ipotizzano che i debiti del club siano molto più grandi. In ogni caso, bisognerà agire in fretta, e bene, per agevolare il ritorno di Graziani sulla tolda di comando. E per regalare un lieto fine a questa squallida storia dove il pallone non è gonfiato, ma soltanto sgonfio. E triste.

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