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Antonio Obino: “Così pulire serve a poco”

Antonio Obino

Antonio Obino

Viterbo è talmente sporca da far sembrare Calcutta una cittadina svizzera. Le foto dei cassonetti intasati intasano a loro volta i social network, in un circolo che non ha proprio niente di virtuoso. Come se non bastasse, la raccolta differenziata si espande nei quartieri periferici tra le proteste dei cittadini, che faticano a farci l’abitudine. Un ambientino mica male, insomma. E viene da pensare che in tutto questo uno come Antonio Obino ci manca. Tanto. Perché in cinque anni da consigliere comunale con delega al decoro, sotto Marini sindaco, Obino aveva attuato una tattica particolare, da vietcong: segnalazioni su segnalazioni della sporcizia, dell’abbandono, nelle piccole e grandi sozzure che imperversavano in città. E giù, raffiche di comunicati, immagini, interrogazioni: un pressing a tutto campo, come l’Olanda di Cruyff. Anche nei confronti dell’amministrazione di cui faceva parte.

Che fine ha fatto Obino il fustigatore?

“Basta. Ho lasciato perdere”.

E’ rassegnato?

“Ho fatto cinque anni a tutta, senza fermarmi mai. Ho persino usato i gettoni di presenza da consigliere per sistemare il sistemabile a mie spese: riparazioni, targhe, interventi urgenti. Segnalazioni costanti al Cev, la partecipata del Comune che allora si occupava dei rifiuti”.

Il risultato?

“Che alle elezioni ho preso meno voti dell’altra volta. Allora, a che pro?”

Ha sbagliato strategia: se avesse invitato i viterbesi a sporcare forse sarebbe stato eletto senza problemi.

“C’è poco da scherzare. Il senso civico non paga, ecco la verità. Le ragioni sono diverse: abitudine, maleducazione, modo di vivere. Ecco perché la città è sporca”.

Faccia degli esempi.

“Uno sporca perché non gliene frega niente. Pensa: tanto poi passa lo scopino. Il brutto è che gli scopini ormai non passano più, o almeno non ci sono più fuori dal centro storico, in ogni strada, com’era una volta”.

Perché?

“Per il risparmio a cui sono obbligati gli enti pubblici. Gli appalti per le aziende di ecologia sono al ribasso: vince chi offre di meno e garantisce il servizio minimo. Se si spende di più si sforano i tetti di spesa, il patto di stabilità, e non si può, perché sennò sai che lamentele sugli sprechi pubblici. E allora accontentiamoci del servizio che abbiamo voluto: i soffioni e la spazzatrice che passa per le vie. E’ un cane che si morde la coda”.

Diceva della maleducazione.

“Con il tempo e l’esperienza mi sono convinto di una cosa: chi è sporco fuori è sporco pure dentro casa sua. Ecco, se siamo abituati a buttare il mozzicone per terra, la carta della pizza, i bisogni del cagnolino, pulire diventa impossibile, un’impresa titanica”.

Non può essere così drastico nei giudizi sui viterbesi.

“Ma è come la storia dei fiori a via Marconi, ha presente?”

No. Racconti.

“Il Comune voleva mettere i fiori sul viale, nelle aiuole. Li comprava, li piantava, e poi la gente regolarmente li andava a rubare. A che serve insistere?”

La vicesindaco Ciambella ha portato i viterbesi in piazza per Puli…Amo Viterbo.

“Bella iniziativa, per carità. Ma bisogna andare a monte del problema: insegnare a non sporcare, non intervenire dopo per pulire una tantum“.

E’ una parola.

“Vero. Infatti la cosa giusta sarebbe che ogni cittadino sensibilizzasse il prossimo. Chi sporca deve essere redarguito. Solo che se uno si azzarda a farlo oggi rischia le botte. Oppure incasserebbe risposte sgarbate tipo ‘Che cavolo vuoi?’ o ‘Io pago le tasse e sporco quanto mi pare’. Si rende conto?”

Una battaglia persa in partenza?

“Una battaglia che si può vincere solo se in tanti ragioniamo così. Tanti privati cittadini che diventano vigili ecologici. Un’epidemia contagiosa”.

D’accordo, è una speranza. Ha qualche altro spunto per essere ottimista?

“Sono fiero di una cosa che ho fatto da consigliere: ripulire per sempre la facciata dell’istituto magistrale, in via San Pietro. Prima era uno schifo di scritte: le cancellavamo e le rifacevano subito. Abbiamo messo dei cartelli, ho parlato personalmente coi ragazzi. Ho spiegato loro che potevano dire ti amo ad una persona anche in altri modi, più efficaci e meno incivili. Ce l’abbiamo fatta. E quei ragazzi e quelle ragazze diventeranno maestri di scuola, chissà che non insegnino l’educazione anche alle nuove generazioni”.

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15   Commenti

  1. Giorgio Molino ha detto:

    Antonio Obino ci ricorda molto il grande e compianto Max Catalano quando interpretava mirabilmente il cesellatore di banalità. Continui così, il trombatissimo ex consigliere, che un posto a Zelig non glielo leva nessuno.

  2. enrico cesarini ha detto:

    Vabbeh..non c’è dubbio che molti viterbesi siano zozzi e tutto ciò che dice Obino su di loro è giusto, ma su una cosa sbaglia: non è questa la causa principale della sporcizia di una città che diversi anni fa, prima della crisi, era invece pulita, perchè c’era chi comunque puliva.
    Qui sta veramente il problema, considerare “sprechi” quelle spese che garantiscono il buon funzionamento dei servizi pubblici. Questo è inammissibile. Ben altri sono gli sprechi, ha partire dall’enorme evasione fiscale , alle truffe sugli appalti pubblici, alla corruzione e concussione dei dirigenti della pubblica ammisistrazione e dei politici, tutti comportamenti diffusissimi e protratti per molti anni e che alla fine hanno lasciato in ginocchio la cosa pubblica, alla faccia delle persone oneste.

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