27072024Headline:

“Il venerdì prendevamo i soldi e firmavamo”

Enzo Di Maio

Enzo Di Maio

“Non sono abituato a dire bugìe, e non possono certo smentire una cosa che è accaduta davvero: sì, prendevamo i soldi dalla Viterbese di Gaucci”. La conferma a quanto scritto su Facebook dall’ex direttore sportivo Enzo Di Maio arriva dallo stadio Enrico Rocchi, in un freddissimo martedì di Coppa Italia. A parlare è un ex capotifoso gialloblu, uno che ha appeso il megafono al chiodo, lasciando la curva ai più giovani (ricambio generazionale, si chiama nel gergo ultras), ragazzi che all’epoca erano poco più che bambini, visto che parliamo del 2000. Ha smesso di fare il capotifoso, S., ma non certo di frequentare lo stadio, magari in tribuna, con gli amici di una volta e di sempre, con maggiore calma ma con sulle spalle una storia di chilometri su e giù per l’Italia, di partite da schifo e di poche memorabili, di sacrifici e di giocatori pipponi. Fino all’arrivo di Lucianone in città, quando tutto cambiò. La squadra, d’accordo, con pezzi grossi comprati, usati e semmai scaricati, e con nuove dinamiche tutte da vivere. Anche per i tifosi.

Come quella di incassare la paghetta settimanale. “Personalmente consegnavo un milione e mezzo di lire (circa 750 euro di oggi, ndr) a settimana ai capitifosi, sia a Viterbo sia a San Benedetto del Tronto – ha raccontato Di Maio – Non erano soldi miei, sia chiaro, ma di Gaucci, e venivano messi addirittura a bilancio come ‘spese per le trasferte e le coreografie dei sostenitori’. Non ci meravigliamo di episodi come quelli di Nocera Inferiore, nel calcio certi rapporti ci sono sempre stati”. Adesso la conferma, forse grazie al passare del tempo (tempus edax rerum), al fallimento della vecchia Us Viterbese (saltata nel 2006) e alla certezza di non poter incorrere in più in eventuali reati. “Andavamo in sede ogni venerdì – racconta S. – prendevamo la cifra e firmavamo un foglio”. Segno che quei contributi venivano in qualche modo registrati dalla società di via della Palazzina, anche se è impossibile sapere se finissero davvero a bilancio – e con quali importi – come ha detto Di Maio.

Una pratica consolidata, comunque, che ebbe una curiosa conseguenza: “Ad un certo punto – continua il tifoso – si formò anche un altro gruppo in curva, che chiedeva a sua volta i soldi. Così fummo costretti a dividerci quella somma…” La stessa trippa da dividere per più gatti, insomma. Con una postilla, che S. ci tiene a sottolineare con forza: “Qui a Viterbo noi tifosi siamo stati così corretti da spendere tutto effettivamente per le cose da stadio. Le trasferte, per esempio, abbassando i prezzi del pullman per i tifosi, le sciarpe, e le coreografie. Chissà cosa sarebbe successo in piazze più disinvolte e scafate…” Facile immaginarlo, così come è facile ricordare quali coreografie straordinarie abbiano realizzato i sostenitori viterbesi: dal rosa dedicato a Carolina Morace, al mega leone, ai tricolori. “Una volta, per la partita contro il Crotone, all’inizio del girone di ritorno in C1, Gaucci ci chiese qualcosa di particolare: mi raccomando, fate uno spettacolo unico, vi ho dato due milioni, ci disse. Ma noi avevamo ricevuto solo un milione…” L’altro forse s’era perso per strada.

C’erano anche gli striscioni a richiesta, secondo i tifosi di allora, come quello, passato alla storia e arrivato anche sui mass media nazionali, a sostegno della candidatura di Gergo W. Bush alla presidenza degli Stati Uniti. “Italians for Bush for president”, era scritto in curva nord: “Ce lo chiese il presidente, che era molto vicino alle organizzazioni di italoamericani. Lo preparammo e poi servivano anche alcune foto da spedire forse in America. Ce le facemmo fare da un fotografo”.

E il doping, pure tirato in ballo dal lungo intervento di Di Maio? Per quello non ci sono riscontri né clinici né di altre “gole profonde”. Resta il racconto dell’ex direttore sportivo, più o meno credibile, più o meno strumentalizzato in queste ore –dopo l’articolo del Post -, soprattutto dalle truppe di antijuventini sparse ovunque.

Questo è quanto è rimasto di quell’anno e mezzo frenetico ed esaltante, quando la Viterbese sembrava dovesse arrivare nel gotha del calcio, e in effetti sfiorò la serie B nello spareggio di Ascoli, e quando i tifosi s’illudevano che la festa sarebbe durata per sempre. Gaucci invece se ne andò, e i gialloblu iniziarono una progressiva decadenza fino al fallimento del 2006. Cenere, veleni e tanto torbido, così denso che vedere la luce, a distanza di anni, sembra davvero impossibile. E’ il pozzo nero che inghiotte tutto, in questo Paese. Calcio compreso.

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1 Commento

  1. Giorgio Molino ha detto:

    Magari i soldi se li metteva belli belli in saccoccia pure un ex sguaiatissimo vivaviterbicolo (ora dissidente di Sua Maestà Filippo Rossi di Trieste).

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