Se oggi vi dovesse capitare di intercettare una centinaio di persone a spasso per il centro (diverse etnie, borsoni a tracolla) non vi agitate. Restate tranquilli. Non siamo entrati in guerra. Non ci ha conquistati nessuno. Non è cambiato nulla rispetto a ieri. Vi siete semplicemente imbattuti nei seminaristi. Che non sono provetti colli-bianchi. Bensì ragazzi venuti a Viterbo (una volta tanto) per imparare qualcosa. Per studiare. Sono quelli del Tuscia in jazz. L’esercito multicolor che riempirà dalle 10 alle 18 le seguenti sale: Almadiani, Gatti e Anselmi. Più il Museo delle ceramiche. E non solo oggi, ma fino a Pasqua. Per una full immersion che aiuterà loro a crearsi un tracciato tra gli spartiti. E noi (intesi come Viterbo) a risorgere dal dramma economico che caratterizza proprio il dentro le mura. Sempre meno zona medievale. Sempre più spazio stile far west (nel senso desertico del termine).
E questo è solo il principio del giorno due della manifestazione. Che prosegue (ore 18, ancora Anselmi) con l’incontro più degustazione vini con Aaron Goldberg. Si parlerà di “Piano nel jazz”. E non con un quaquaraquà, bensì con un mostro sacro (seppur appena quarantenne) che per scambiare due parole e farsi un goccio con nosotros c’è partito dagli States. Alle 19 (ingresso libero) toccherà invece a Rosciglione & Munari. Si torna agli Almadiani, per il loro “Tribute to duke”.
Il piatto forte però, e non se la prenda nessuno, è quello delle 21.30 al teatro San Leonardo. Peter Bernstein, Alberto Marsico e Roberto Gatto. In tutto costano 5 euro a testa. Per un concerto che solo a leggere i nomi si preannuncia incredibile. I migliori 15 euro spesi in musica (nel capoluogo) dai tempi di Vivaldi. Chiude la jam notturna del Blitz. Della quale poco si può prevedere, come ogni jam del resto.
Molto invece si può dire del duetto parcheggiato nelle 24 precedenti dal direttore Italo Leali. Le due date di ieri sono filate via alla grande. Il “Three for getz” di Paolo Recchia ha fatto da varo (gratuito). Il duello di fiati tra Rosario Giuliani e Aldo Bassi, farcito da quel colosso noto ai più col nome di Hammond, è servito da ciliegione sulla torta.
E questo è il Tuscia in jazz, che andrà avanti fino a Pasquetta. Un’armata silenziosa ma colossale. Una ventata di freschezza (molto meglio della tramontana) in un panorama sahariano.