08052024Headline:

‘’Attendiamo gli esiti dell’autopsia’’

Gli avvocati della famiglia Lippolis hanno nominato due consulenti di parte

”Esistono forti dubbi sulla circostanza che l’operazione fosse indispensabile visto lo stato di salute del Lippolis”.

A parlare è l’avvocato Simone Maria Fazio che, insieme al collega Matteo Morigi, assiste la famiglia del maresciallo capo in pensione Domenico Lippolis, deceduto il 7 febbraio scorso all’ospedale Belcolle dopo un intervento per la rimozione di una massa neoforme di circa 3 centimetri sulla colonna vertebrale. Ai familiari viene spiegata la necessità di toglierla per scongiurare il rischio paralisi degli arti inferiori.

Ieri l’altro, il figlio del 63enne Domenico (36), aveva spiegato che le condizioni del padre non erano delle migliori, visto che il 30 dicembre era stato colpito da ictus cerebrale. L’ex carabiniere viene ricoverato a Belcolle e, il 17 gennaio, trasferito in dimissioni protette a Villa Immacolata per la riabilitazione. ”Ad un certo punto, però – aveva spiegato il figlio – mio padre inizia ad avvertire forti dolori”.

Dunque i medici ordinano una risonanza magnetica con mezzo di contrasto. Il cui responso arriva il 1° febbraio. ”I medici ci rassicurano sul fatto che si tratta di un intervento di routine, con un rischio di mortalità pari al 2/3%. Riferiscono anche – aveva sottolineato Giovanni Lippolis – che sarebbe durato 2 ore e mezzo, al massimo tre”.

Invece, come ormai noto, l’ex militare scende in sala operatoria alle 7,30 del mattino per risalire in reparto solo alle 18,30. Un’ora dopo il decesso. Adesso la famiglia, che sottolinea di ”non puntare il dito contro nessuno”, chiede però verità e giustizia per il congiunto. Anche perché ”se è stata la magistratura stessa a disporre l’autopsia, evidentemente i nostri dubbi sono legittimi”.

Gli interrogativi che si pongono la moglie e i figli dell’uomo, in particolare, sono da ricondurre alla lungaggine dell’intervento. ”Perché – chiedono – l’operazione è durata quasi undici ore?”. Inoltre ”dato lo stato di salute di nostro padre, che proveniva da una recente sintomatologia da ictus, era realmente necessario effettuare questo intervento con una ovvia anestesia totale?”

E ancora: ”L’equipe medica, essendo a conoscenza che il paziente aveva problemi arteriosi e considerato che il chirurgo ci ha riferito che ha avuto difficoltà a risvegliarsi, perché non lo hanno trasferito in terapia intensiva se non addirittura in rianimazione?”. E, in ultimo: ”Perché dopo 3 ore dal decesso il chirurgo ha convocato i familiari per comunicare che era stata disposta l’autopsia per accertare la causa della morte?”. Tutti interrogativi, questi, che potranno avere risposte certe solo quando la relazione medico-legale arriverà sulla scrivania degli avvocati.

”Al momento – dicono infatti i legali, che hanno nominato due consulenti di parte – non possiamo fare altro che attendere le risposte del Ctu”.

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