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In un vagone il labirinto della memoria

All'annuale Meeting di Semi di Pace la testimonianza del deportato Piero Terracina

Piero Terracina, unico deportato ebreo ancoravivente, al Meeting di Semi di pace a Tarquinia

Piero Terracina, unico deportato ebreo ancora vivente, al Meeting di Semi di Pace a Tarquinia

Bisogna ricordare. Ricordare e raccontare. Questa è la storia di un bambino. Uno come i tanti nati alla fine degli anni ’20 e cresciuto in una famiglia di lavoratori, gente che si dava da fare per campare e che allo stesso tempo non si scordava di pregare ogni giorno il proprio Dio. Oggi quel bambino, che ha 88 anni, racconta una parte della sua infanzia, una storia che non è come tutte le altre perché c’è di mezzo la deportazione ebrea: “La mia vita trascorreva come quella di un qualunque altro ragazzino di sette anni. Mio padre era un rappresentante di commercio, aveva un’agenzia di rappresentanza, e mia madre si prendeva cura di noi. Poi è arrivata la notizia che dovevamo sottostare a delle leggi chiamate razziali. Ma io non ne capivo il significato e non sapevo ciò che dovevamo fare per rispettarle; avevo mia madre e mio padre che con amore mi proteggevano. Poi però un giorno, ‘dall’alto’, decisero che io, la mia famiglia e tutti gli altri ebrei non avremmo più vissuto nelle nostre case, quindi ci deportarono. Fu un viaggio lunghissimo nei vagoni dei treni: 2mila chilometri per 7 giorni e 7 notti. Eravamo stipati all’inverosimile in quelle carrozze che sembravano tanto più strette ogni volta che saliva altra gente. Quando siamo arrivati in quell’inferno, perché solo così si possono chiamare i campi di concentramento, io e la mia famiglia eravamo ancora uniti. Poi più nulla. Solo io mi sono salvato. Non dimenticherò mai il volto e gli occhi in lacrime di mia madre che sapevano, ma mantenevano il segreto”.

Questa è la storia raccontata da Pietro Terracina, classe 1928, ultimo sopravvissuto italiano ai campi di sterminio di Auschwitz-Birkenau, durante l’inaugurazione del “Labirinto della Memoria”  alla Cittadella di Tarquinia. Un museo interattivo istallato all’interno di un vagone ferroviario del 1935 molto simile a quelli usati dai nazisti per la deportazione ebrea. Intorno al vagone un labirinto che permette al visitatore di perdere i contatti col mondo esterno ed entrare nello spirito giusto per comprendere ancor meglio quella parte tragica di storia. Il progetto realizzato dall’associazione Semi di Pace, che ha aperto con successo il X Meeting Internazionale “Esploratori di Valori”, è stato ideato dagli studenti e dagli insegnanti della Iva geometri dell’istituto “Cardarelli”, in collaborazione con l’associazione Progetto Memoria e il patrocinio dell’Unione Comunità Ebraiche Italiane.

Il vagone del 1935 dove è stato ricostruito il Labirinto della memoria

Il vagone del 1935 dove è stato ricostruito il Labirinto della memoria

L’inaugurazione del “Labirinto della Memoria”, a cui hanno partecipato l’ambasciatore Dan Haezrachy, vice capo missione dell’Ambasciata d’Israele a Roma, il sindaco di Tarquinia e presidente della Provincia di Viterbo Mauro Mazzola, il vescovo Luigi Marrucci, l’onorevole Alessandro Mazzoli, il consigliere regionale Silvia Blasi e il presidente dell’università Agraria Alberto Blasi, è stato uno dei tanti appuntamenti in programma per il Meeting. Molti gli incontri con eccellenti oratori hanno avuto luogo nel giorno successivo nei quali si è discusso anche di tematiche attuali come l’immigrazione e la voglia di vivere dei bambini diversamente abili.

Lo scopo del “Labirinto della Memoria” è non dimenticare e fare in modo che la storia passata continui ad essere un insegnamento valido e operante anche per le giovani generazioni. “Ho accettato con entusiasmo questo invito di Semi di Pace perché è uno dei progetti più belli che abbia visto – conclude Terracina -. Il ricordo di ciò che è accaduto non morirà con me: grazie a iniziative di questo tipo la memoria rimarrà come un filo che lega il passato al presente e condiziona il futuro, facendo in modo che queste tragedie non possano accadere mai più”.

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