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Albertazzi apre la stagione di Ferento

Stasera "Memorie di Adriano", testo di Marguerite Yourcenar

Un grande della scena teatrale italiana, Giorgio Albertazzi, inaugura stasera  (ore 21,15), la cinquantesima stagione estiva al teatro romano di Ferento organizzata dal Consorzio Teatro Tuscia con il patrocinio della Regione Lazio, il supporto del Comune di Viterbo , di quattro sponsor privati (Banca di Viterbo, Unindustria, Conad Ipermercato e AntennAdsl) e con la direzione artistica di Patrizia Natale.
Albertazzi, straordinario interprete novantenne, propone “Memorie di Adriano”, testo di Marguerite Yourcenar tra i più longevi spettacoli della scena contemporanea per la regia di Maurizio Scaparro. Il capolavoro della scrittrice e commediografa francese, fin dal 1989 è nel corpo e nella voce di Giorgio Albertazzi, che, con il suo imperatore, procede il viaggio a ritroso nella sua memoria di uomo prima che di uomo di potere. Sulla scena entrano le rivelazioni del cuore miste alla riflessioni dell’imperatore: dai natali periferici al centro dell’Impero romano, dalla conquista del potere alla perdita dell’oggetto del desiderio, dall’immensità del regno all’assoluta inconsistenza nei confronti di un arco celeste che deve ridimensionare chiunque pensi solo per un attimo di esser diventato grande.
“C’è una frase di Flaubert che spiega il fascino immortale del protagonista: “Quando gli déi non c’erano più e Cristo non ancora, tra Cicerone e Marco Aurelio, c’è stato un momento unico in cui è esistito l’uomo solo – scrive Scaparro nelle note di regia – Adriano è il ‘ritratto’ di ciò che noi siamo oggi, nelle sue parole ritroviamo le radici della nostra storia. In un mondo dove i fondamentalismi e l’ignoranza seminano morte e distruzione, le parole di Adriano assumono un significato nuovo indicandoci, forse, uno spiraglio di speranza: ‘…non tutti i nostri libri periranno;…altre cupole sorgeranno dalle nostre cupole…e se i Barbari s’impadroniranno mai dell’impero del mondo, saranno costretti ad adottare molti dei nostri metodi; e finiranno per rassomigliarci'”.

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