La settimana natalizia è trascorsa senza (apparenti) novità. A Palazzo dei priori il barometro della crisi continua a segnare bassa pressione e mari piuttosto mossi. I contendenti sono rimasti più o meno sulle posizioni di partenza: i sette consiglieri dissidenti continuano a rimanere sull’Aventino, anche se confermano di non avere alcuna intenzione di sfiduciare il sindaco, il quale d’altra parte continua a non voler prendere in considerazione l’ipotesi di dimettersi, chiedendo che il voto sia palese in modo tale che tutti ci mettano la faccia. Posizioni a prima vista inconciliabili che l’inviato della segreteria regionale del Pd, Tramontana, proverà a smussare per cercare di uscire dal cul di sac in cui l’amministrazione Michelini è finita.
Persino inutile oggi continuare a chiedersi perché si è arrivati a questo? L’estromissione di Vannini, la nascita ufficiale dei Moderati e Riformisti, tensioni vecchie e nuove, anche qualche situazione personale che riaffiora con puntuale sollecitudine: un insieme di “convergenze parallele” che alla fine hanno prodotto il risultato che è sotto gli occhi di tutti. E dal quale non si riesce ad intuire una possibile via d’uscita che non sia la fine anticipata della consigliatura. E’ la logica a consentire di pervenire a queste conclusioni, ma il raziocinio non è sempre la stella polare in politica, dove talvolta prevalgono altre motivazioni, più sottili e meno soggette alle regole quotidiane alle quali ciascuno di noi si ispira. Il pallino è tutto nelle mani dei democrat. Se davvero il Pd, tutto e senza subordinate, ha la volontà di non spegnere la luce, allora una quadra (anche di profilo medio-basso) si troverà, altrimenti ogni sforzo risulterà vano ed è decisamente meglio chiuderla qui.
Certo fanno un po’ specie osservare le mosse delle segreteria provinciale che, invece di essere parte diligente nella composizione degli attriti, diventa detonatore e cassa di risonanza dei malcontenti generalizzati; come pure non aiuta, anzi decisamente peggiora lo stato delle cose, la filippica fioroniana. Dal segretario provinciale (che, per inciso, nel Pd è anche responsabile del Lazio degli enti locali) e da un leader di caratura nazionale come Fioroni ci si sarebbe aspettata maggiore prudenza. Perché le parole pesano, in qualunque contesto vengano pronunciate, e poi si fa fatica a ritrovare il necessario equilibrio.
Qui non si tratta di fare il tifo per l’uno o per gli altri. Si tratta semplicemente di porsi con sincerità e senza sovrastrutture ideologiche (ammesso che ancora esistano le ideologie) il problema di che cosa sia meglio per Viterbo e per i suoi cittadini. E questa è l’unica cosa che davvero conta.
Buona domenica e Buon Anno