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Vincenzo Ceniti di ci parla della Selva del Lamone, una vera foresta nell’Alta Tuscia

Cascata del fiume Olpeta

Riceviamo e pubblichiamo

Viterbo,19.10.23

Ci si perde facilmente. Alcuni anni fa una mia collega della Regione Lazio e il marito si sono inoltrati tra la vegetazione senza le dovute cautele e non hanno più ritrovato la strada di casa. Hanno dovuto dormire all’addiaccio. Per fortuna che era estate e che la “nuttata” passò senza spiacevoli conseguenze. La mattina dopo c’è voluto però un elicottero per scovarli tra la boscaglia. La Selva del Lamone, nel versante nord di Viterbo, ai confini con la Toscana, s’è bella che presentata.

Questo “luogo spaventoso”, che arricchisce di curiosità l’immagine turistica della Tuscia Viterbese, si è sviluppato su un tavolato lavico del vulcano Vulsinio di oltre 50 mila anni fa.  La sua fama di mistero è di antica data. Già Annibal Caro nel Cinquecento lo descriveva con attributi da tregenda.

E’ singolare come sassi e massi, sparsi ovunque, abbiano preso le forme più curiose. Alcuni sembrano guglie, altri funghi giganti, altri ancora teste di  animali, molti sono ammantati da una soffice coltre di muschio. Fatto sta che il magma, raffreddandosi, s’è lasciato andare a composizioni bizzarre, sotto la sapiente guida di madre natura.

Il bosco di circa duemila ettari, senza punti di riferimento (con il pericolo di far perdere l’orientamento), è venato da viottoli pietrosi da percorrere con scarponcini da trekking e prudenza. Occhio ai segnali che vi conducono passo passo lungo sentieri-avventura come quello cosiddetto dei Briganti. Uno di questi segnali, con vernice rossa sulle pietre e le cortecce degli alberi, ci accompagna ai ruderi di un villaggio protostorico, la Roccoia, utilizzato anche dagli etruschi. Gli abitanti di protostoria e storia hanno infatti lasciato qua e là segni evidenti della loro presenza che resistono al tempo. Testimonianze archeo anche nelle località Rofalco, Strompia, Valderico. Dalla vegetazione emergono resti di ponti, villaggi fortificati, cisterne, strade romane, luoghi di culto, necropoli e altro.

Il particolare che il re di questa foresta è il cinghiale non fa più notizia: ormai lo vediamo dappertutto, anche in città sotto casa. Più esclusivi invece gli incontri con istrici, volpi, faine, gatti selvatici, scoiattoli, lepri, addirittura caprioli. Se alziamo lo sguardo potremmo vedere anche il picchio rosso.

Più rassicurante l’impatto con cerri secolari (alcuni avvolti da spessi strati di sughero), lecci, aceri,  bagolari (un fusto piuttosto raro), roverelle, carpini, noccioli selvatici,  legati tra loro da liane, spini e rampicanti. Sotto si distende un tappeto di essenze aromatiche e varie famiglie di funghi. mangerecci e velenosi. Occorre però aprirsi un varco tra prugnoli, biancospini, pungitopo, agrifogli, cornioli, vitalbe. Spettacolari in primavera le fioriture di ciclamini, margherite e orchidee selvatiche.

Nell’Ottocento la Selva è stata sicuro rifugio di  leggendari briganti della Maremma che la conoscevano a memoria. Per i gendarmi che li braccavano erano dolori, sudori e scoppiettate. Con un po’ di fantasia rivediamo tra le brume mattutine  le sagome di Domenico Tiburzi (Domenichino), Antonio Magrini (Basilicco), Fortunato Ansuini ed altri di questi “galantuomini”. Il loro  immaginario ce li fa apparire come eroi alla Robin Hood che toglievano ai ricchi per dare ai poveri. In realtà alcuni di loro erano spietati assassini.

Un’altra attrazione green è l’Olpeta, un  torrente che scorre ai margini meridionali della Selva formando la cascata spettacolare di Pelicotonno e quella più selvaggia di Salabrone. Il corso d’acqua arriva dal laghetto di Mezzano ad una decina di chilometri e confluisce poi nel Fiora.

Per la visita vi consigliamo di fare riferimento al Centro Visite nel vicino abitato di Farnese (tel. 0761.458861) per prenotare una guida. Il Centro si trova accanto al vecchio lavatoio dove nel 1972 sono state girate alcune scene di Pinocchio del regista Luigi Comencini con Nino Manfredi e Gina Lollobrigida. Per il pranzo c’è’ il rifugio “Casale Lamone” (tel. 339.4853713) che prepara tra l’altro il “Pranzo del brigante”: assaggi a base di acquacotta, bujone di cinghiale o “spinosa” e. pezzata, (pecora bollita in brodo).

Nella Foto la Cascatella dell’Olpeta

L’autore*

ceniti

A

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