17052024Headline:

Viterbese ultimo atto: orgoglio, deliri e zero alcol

Senza Borghetti, senza sigarette, sotto la pioggia: ma nessuno ha mollato

Sandro Pochesci (allenatore del Fondi) e Massimo Piscedda (ct della Nazionale di B) in tribuna

Sandro Pochesci (allenatore del Fondi)

Del resto, cosa cacchio ci si poteva aspettare da una partita senza Borghetti? Era tutto scritto già dalla vigilia, in quelle “misure di ordine pubblico” certamente sacrosante perché l’ordine pubblico viene prima di tutto, ma che tra le altre cose avevano vietato la vendita di bevande alcoliche oltre i 5 gradi nella zona dello stadio. Cinque gradi, puah: neanche all’asilo si ciucciano robetta così leggera. E così il caffè sport nostro, il compagno di mille battaglie, la boccetta fedele nelle fredde domeniche d’inverno o – con cubetti di ghiaccio – nelle bollenti sfide estive, è stato tagliato fuori, perché di gradi ne fa 25. A ciò vada aggiunto che il carabiniere  all’ingresso ha anche scrupolosamente sequestrato il Pericolosissimo Accendino Bic, nota arma di distruzione di massa specie quando sei in tribuna stampa, con un vetro spesso così davanti. Niente brumba, niente sigarette: ma che semo venuti a fa’?

Lo spettacolo della curva nord

Lo spettacolo della curva nord

Certo, siamo venuti a vedere la partita, questo playoff col Taranto che vale parecchio perché ti fa illudere che la Viterbese sia ancora tra le grandi del calcio professionistico, come dieci anni fa, e che tutto il mondo ti stia guardando, e che poi l’anno prossimo semmai ci rifaremo. Invece no, “i playoff non contano niente”, come c’è scritto nelle sacre scritture dettate da Grotte di Castro da Piero Camilli. E allora, e ancora: cosa diavolo stanno a fare questi tremila sugli spalti? Questi pischelli e pischelle, famiglie (Alessio, tarantino di nascita ma viterbese doc e stimato fisioterapista, ha portato il pupo in fasce e suo papà: tre generazioni filate), nani e ballerine, lacché e questuanti, gelatai e consiglieri comunali, perché non hanno preferito andare al mare? Perché amano questi colori, e di riflesso amano la loro città, e vogliono vedere come vaaaaaa a finiiiiiire, per dirla alla Tiziano Ferro. (Il quale, venendo da Latina è pure mezzo gemellato, tra l’altro).

Il saluto finale della squadra

Il saluto finale della squadra

Così, quando il Rocco più famoso all’infuori dell’omonima isola infila il tracciante alla sinistra di Mirarco, a momenti viene giù tutto. Dicono che vorrebbero buttare giù il muro di Pratogiardino? Benissimo, basta un altro gol così e l’abbattimento è assicurato, e pure gratis. Il boato, tra l’altro, scuote la città, arriva in centro, entra dalle finestre aperte e rovina la pennichella pomeridiana a tutti gli sfigati che hanno disertato lo stadio. Più forte di qualsiasi effetto Dolby.

Ma la vita, si sa, è agra, come diceva il gran Bianciardi, tra l’altro maremmano, se qualcuno volesse trovare improbabili assonanze con Pierone nostro. Intanto, comincia a piovere, e se non fosse per l’assenza di banani, spiagge bianche, e perizomi, sembrerebbe proprio un temporale tropicale. Tuoni e fulmini, ma non si molla e ci si bagna volentieri, in campo come nelle curve scoperte così come in tribuna “coperta”, dove pure arriva l’acqua per qualche misterioso motivo.

Il saluto

Il saluto

Ma questo Taranto, mamma mia, mica s’arrende. Macina e spreca, capisce che si può rivoltare la frittata e lo fa approfittando di uno stordimento (Da tuono? Da lampo? Da lampada?) di Zonfrilli, il portiere gialloblu che in settimana aveva ricevuto anche la visita al campo da Angelo Peruzzi. Appunto.

Pareggio, quando ne mancano sette da giocare, più recupero, che guarda caso stavolta ammonta a cinque minuti (prima legge di Collina: i minuti di recupero sono direttamente proporzionali alle bestemmie che dirai dopo che li avranno comunicati). Comunque, passano. Ma dopo, visto che il regolamento lo ha scritto Bracco Baldo ubriaco, ci sono i rigori. I cari, amatissimi rigori. Defibrillatori e pistole cariche vengono distribuiti al pubblico a scopo precauzionale: scegliete, o vi rianimiamo dall’infarto o c’è sempre la roulette russa. In molti non guardano. Il presidente Vincenzo Camilli passeggia nervoso dietro la tribuna, nessuno osa rivolgergli la parola, onde evitare. Il primo tiro dal dischetto lo segna l’Ingrato Ibojo, che esulta come dopo un sei al SuperEnalotto. Poi tocca agli altri: c’è chi sbaglia e chi no. Indovinate com’è andata a finire? Viterbese eliminata, pioggia a catinelle, il pubblico lascia lo stadio di buon ordine.

E pure ‘sti playoff ce li siamo levati dalle palle. Ci vediamo l’anno prossimo, sempre che ci sia, un anno prossimo. In caso contrario, l’appuntamento è spostato al bar, per un Borghetti insieme ricordando i vecchi tempi.

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